02 dicembre 2020

Cashless Society: rapporto 2020

Pubblicato in: Financial Advise

Quanto è vicina la cashless society? 


Gli italiani, lo sappiamo, sono tradizionalmente affezionati al contante e, sebbene i pagamenti digitali siano in crescita costante, sradicare l’abitudine a pagare cash non sarà certo una passeggiata. 


La pandemia allontana dai pagamenti cash


Va detto che un aiuto inatteso in questo senso è arrivato dalla grande protagonista del 2020: la pandemia da coronavirus, che ha impresso un’accelerazione significativa a una tendenza che comunque era sicuramente già in atto. Sì, perché proprio il timore di potersi contagiare toccando le banconote che passano di mano in mano ha spinto moltissime persone a superare le proprie resistenze e avventurarsi finalmente nel magico mondo dei pagamenti “contactless”.

La conferma arriva da un’indagine di Mastercard, realizzata in collaborazione con AstraRicerche, “Paying digital, living digital: evoluzione dello stile di vita degli italiani prima e dopo il Covid-19”, arrivata alla seconda edizione. Stando alla ricerca, nel mese di ottobre otto italiani su dieci hanno dichiarato di utilizzare frequentemente le carte di pagamento, seguite dalle quelle contactless, ormai parte delle abitudini consolidate per il 78% degli italiani.


Il contactless piace di più


Insomma, la linea è tracciata e pare destinata a proseguire ben oltre i mesi del lockdown. L’indagine rileva infatti dati interessanti anche per quanto riguarda le propensioni future degli italiani rispetto ai metodi di pagamento. Le carte superano infatti il contante e si attestano al primo posto, indicate da 79,8% degli italiani (+4% rispetto a giugno 2020). Le carte contactless, al secondo posto a parimerito con le banconote, raggiungono quota 68,8% e sono particolarmente apprezzate dalla fascia dei 15-24enni (76%). In crescita infine anche le forme più innovative di pagamento mobile: +3,2% per i pagamenti via smartphone e +1,9% per i pagamenti via app dedicate.


Italia fanalino di coda in Europa


Ciò detto, gli italiani sono ancora un passo indietro rispetto ai cugini europei, come segnalato di recente da uno studio di The European House – Ambrosetti, che ogni anno elabora un report volto proprio a valutare lo sviluppo della “cashless society” in Europa e nel mondo.

Nel dettaglio, il Gruppo di Lavoro The European House - Ambrosetti ha messo a punto diversi strumenti di analisi per monitorare i risultati dell’Italia rispetto ai principali competitor internazionali e valutare il contributo dei pagamenti elettronici allo sviluppo del Paese.

• il Cash Intensity Index (CII), per misurare l’incidenza del contante sul Prodotto Interno Lordo di 85 Paesi al mondo;
• il Cashless Society Index (CSI), che prende in esame 16 Key Performance Indicator, riconducibili a due aree di riferimento: “Fattori abilitanti” (ai quali viene attribuito un peso del 30%) e “Stato dei pagamenti” (al quale viene attribuito un peso del 70%);
• il Cashless Society Speedometer, che fotografa il dinamismo con cui i diversi Paesi europei (UE27 + Regno Unito) si muovono verso la cashless society;
• il Regional Cashless Index (RCI), per monitorare le differenze esistenti sul territorio italiano con riferimento al raggiungimento della cashless society.


Ne è emerso che nel 2019 (quindi prima dell’accelerazione impressa dalla pandemia) l’Italia rimane stabile al 23esimo posto sui 28 Paesi dell’Unione Europea - i dati fanno riferimento a un periodo precedente la Brexit - con un CSI pari a 3,68 punti, superiore solo a quello ottenuto da Ungheria, Croazia, Grecia, Romania e Bulgaria (ma in miglioramento rispetto ai 3,5 punti del 2018).

Ai vertici si confermano invece i Paesi del Nord Europa: la Danimarca al primo posto con un punteggio di 8,16, seguita da Paesi Bassi (7,96) e Finlandia (7,77).

Non solo. L’Italia è anche tra le peggiori economie al mondo per cash intensity, posizionandosi al 32° posto su 35 Paesi considerati. Il contante in circolazione in Italia è cresciuto infatti costantemente nell’ultimo decennio, passando da 128 miliardi a 205,7 miliardi di euro tra il 2008 e il 2018. E se si considera l’incidenza del contante in circolazione sul PIL nazionale, la situazione non cambia: il valore cresce costantemente dal 2008, e ha raggiunto nel 2018 un valore pari all’11,8%, superiore di 0,8 punti percentuali rispetto alla media dell’Eurozona (11% nel 2018). Giusto per avere un parametro di riferimento, in Svezia il valore si attesta all’1,5%.

Quanto alla velocità con cui i Paesi dell’Unione Europea si muovono verso la Cashless Society – parliamo del cosiddetto “Cashless Society Speedometer”, l’anno scorso l’Italia risultava addirittura in rallentamento. 


Cashless society: Vantaggi per tutti


Va detto che negli ultimi anni si è assistito a diversi sviluppi in ambito normativo e regolamentare relativi al settore dei pagamenti elettronici: dall’avvio dell’identità digitale (SPID) a marzo 2016 alla soppressione delle monete da 1 e 2 centesimi di euro dal 1° gennaio 2018; dal divieto di pagare gli stipendi in contante dal 1° luglio 2018 all’obbligo di fatturazione elettronica, esteso anche alle operazioni tra privati (persone fisiche o giuridiche) a partire da gennaio 2019.

Insomma, la direzione intrapresa è sicuramente quella giusta – e anche la velocità con cui l’Italia si sta muovendo sembra essere aumentata. Ma ci sono ampi margini di miglioramento, anche perché, come abbiamo visto, la situazione di partenza non mette certo il Belpaese in una posizione di vantaggio rispetto ai competitor europei per quanto concerne la transizione verso una società cashless. Transizione che, tra l’altro, porta con sé dei vantaggi indubbi: i pagamenti digitali sono più comodi e veloci per i consumatori e consentono di tenere sotto controllo le entrate e le uscite con maggiore facilità. Anche gli esercenti beneficiano della non gestione del contante, evitando errori, furti, perdita di tempo per depositare gli incassi e così via.

Senza parlare della Pubblica Amministrazione, per cui un’elevata digitalizzazione dei pagamenti significa da un lato la possibilità di offrire un servizio migliore al cittadino – permettendogli di eseguire le operazioni online senza più doversi mettere in coda allo sportello – e dall’altro la chance di compiere un passo in avanti nella direzione di una maggiore trasparenza.


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