14 aprile 2025

Correzioni e Orsi fanno parte del gioco: come spiegarlo ai clienti?

Pubblicato in: Vademecum

Se fossimo su un social, potremmo dire: “ai mercati non piace questo elemento”. L’elemento in questione sono i dazi a tutto campo che il 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump ha annunciato dal Rose Garden della Casa Bianca mercoledì 2 aprile, quando in Italia erano le 22:00 circa. Dazio base del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti d’America, che sale a seconda dell’ammontare del deficit commerciale e delle barriere poste dalle varie aree economiche (dove per “barriera” si intende anche la specifica normativa posta a regolamento del commercio e degli scambi, vedi alla voce “Unione Europea”).

Questi ultimi sono i cosiddetti “dazi reciproci”, intesi come risposta alle limitazioni imposte – dal punto di vista degli USA – alle merci e alle attività statunitensi fuori dai confini nazionali: si va quindi dal 20% a carico dell’UE fino al 34% sulle merci cinesi (che in questo caso si aggiunge al 20% già introdotto tra febbraio e marzo). Pechino ha prontamente risposto con una linea altrettanto dura, mentre altri Paesi, come il Giappone, stanno cercando il dialogo. E l’Europa, che fa? Con le sue molte voci, non sempre concordanti, sta tentando tutte le strade: dal muso duro alla negoziazione.


I dazi hanno dato un’ulteriore spinta alla correzione

Ma torniamo ai mercati: anche se la porta della negoziazione non è chiusa, l’annuncio del 2 aprile ha aperto una fase di incertezza che ha tramutato la correzione già in corso in un vero e proprio mercato Orso. Che differenza c’è tra correzione e mercato Orso? Ma soprattutto, per chi si occupa di consulenza in materia di investimenti ed è chiamato a gestire l’emotività dei clienti, la domanda è: cosa dire in fasi come questa ai propri assistiti per rassicurarli? Vediamo di rispondere a entrambi i quesiti.


Correzione e mercato Orso: che differenza c’è?

La maggior parte degli operatori ritiene che si verifichi una correzione quando un indice azionario importante, com’è per esempio l’S&P 500 o anche il Dow Jones Industrial Average, scende di oltre il 10% ma meno del 20% (in questo secondo caso si parla in genere di “mercato Orso”, ma ci torniamo) rispetto al suo picco più recente. Il termine, in sé, non è necessariamente negativo: si dice “correzione”, infatti, perché il calo interviene per “correggere” gli eccessi e ricondurre i prezzi nel loro trend di lungo periodo.


Il mercato Orso? Non è brutto come lo si dipinge

Nessuno è in grado di prevedere con certezza se una correzione finirà col cambiare rotta o se si trasformerà in un mercato Orso, che si concretizza quando il mercato scende del 20% o più. Quel che è certo è che, in generale, i mercati Orso non sono mai piacevoli. In compenso, va fatto notare che, quando si verificano, durano meno rispetto ai cosiddetti “mercati Toro”, che sono le fasi di mercato in cui prevalgono i rialzi. Ecco perché, in momenti come quello attuale, è non solo utile ma anche necessario saper mettere tutto nella giusta prospettiva

Per esempio, i dati Bloomberg rielaborati dal Centro Schwab per la Ricerca Finanziaria ci dicono che nel periodo compreso tra la fine del 1961 e il 19 febbraio del 2025 (picco del recente Bull market), la durata media di un mercato Orso è stata di circa 14 mesi, molto più breve di quella di un mercato Toro (63 mesi). Diverso anche – e del tutto favorevole al mercato Toro – il ritorno medio nell’intero periodo: +182% quello dei mercati Toro, -36% i mercati Orso nel complesso.

Cosa dire agli investitori quando si incappa in un mercato Orso?

L’informazione chiave, che è assolutamente importante ricordare loro, è che spesso e volentieri le correzioni e le fasi “Orso” si concludono bruscamente così come bruscamente sono iniziate, con un rimbalzo che è assai difficile da prevedere. Per dire: il mercato Orso legato alla pandemia di Covid-19 è durato 33 giorni appena. La lezione? Semplice quanto granitica: chi investe in un’ottica di lungo termine – quindi, la maggior parte degli investitori – fa bene a mantenere la barra dritta e a non disinvestire.


Ricorda ai clienti che l’antidoto c’è e si chiama “diversificazione”

Se preoccuparsi troppo di un mercato ribassista può essere controproducente, non essere preparati può esserlo altrettanto. È importante far capire ai propri assistiti che è sempre bene avere un piano: oltre ad agevolare il raggiungimento degli obiettivi di medio e lungo termine, può aiutarli a calmare i nervi e a mantenere la rotta quando le acque sui mercati si fanno agitate. E un buon piano si fonda su un’adeguata dose di diversificazione: non solo in termini di composizione del portafoglio, ma eventualmente anche sul piano temporale, con un ingresso graduale nei mercati stessi. Per cogliere le opportunità dei rialzi, ma soprattutto quelle di acquisto a sconto offerte dai ribassi.


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