25 maggio 2020

Bolle finanziarie, non tutto il male viene per nuocere

Pubblicato in: Economia & Mercati

La pandemia di coronavirus e le misure restrittive per cercare di limitare i contagi – il cosiddetto lockdown – ha cambiato profondamente le nostre abitudini, accelerando una trasformazione che era già in atto prima dell’emergenza. Una trasformazione guidata dall’evoluzione tecnologica – oggi fare la spesa su Amazon, guardare film su Netflix, pagare le bollette online è diventato la normalità. Insomma, sembra che il futuro sia nelle nostre mani (con le sembianze di uno smartphone).

E se invece fossimo di fronte all’inizio di una bolla speculativa? Capirlo è difficile, per certi versi forse anche un po’ inutile. 

Le bolle finanziarie fanno paura, perché si fatica a riconoscerle prima che esplodano e perché la loro detonazione miete parecchie vittime. Eppure la storia insegna che le bolle veramente deleterie per l’economia nel complesso sono poche. 

Le altre, pur provocando notevoli scossoni nel breve termine, accelerando eccessivamente le trasformazioni, su un orizzonte temporale più ampio tendono a mitigarsi in un più morbido movimento ascendente prolungato. Vediamolo con alcuni esempi concreti. Una bolla effettivamente dannosa fu quella dei tulipani, nell’Olanda del 1600. A quell’epoca, nel Paese scattò una vera e propria mania per un fiore arrivato dai giardini di Istanbul.



Tulipani, che passione

Inizialmente conosciuti dall’aristocrazia del tempo, i tulipani diventarono presto oggetto di sfoggio nei grandi saloni, esibiti nelle cene più importanti. Poi le prime contrattazioni nelle case dei nobili, fino a diventare una moda esclusiva, in un fenomeno dilagante e di massa. Da Utrecht, a Rotterdam, fino ad Haarlem, i tulipani – o meglio, i bulbi – venivano scambiati in tutte le taverne, e i prezzi cominciarono a lievitare. 

Di bulbo in bulbo, un passaggio di mano che da fisico divenne nel tempo cartaceo, i prezzi sperimentarono una crescita esponenziale fino a toccare un picco estremo – si arrivò a pagare intorno ai 6 mila fiorini (tenetevi forte: circa 330 mila euro) per un solo bulbo. Lo stesso prezzo di una casa nella zona di Horn, nel nord del Paese.



Lo scoppio fu inevitabile

Erano livelli insostenibili. I tempi erano maturi per lo scoppio della bolla, che fu probabilmente “indotto” da una serie di interventi legislativi volti a calmierare i prezzi: nell’aprile del 1637, per esempio, una legge emanata dal governo olandese dichiarò privi di validità tutti gli accordi speculativi e fissò in 50 fiorini il prezzo massimo di un bulbo. 

L'emendamento del governo ovviamente fece precipitare i prezzi dei bulbi mandando in rovina molti investitori, ma mise fine alla degenerazione economica e sociale di un Paese che non poteva trovare sviluppo e sostentamento semplicemente nel culto di un unico prodotto.



Spostiamoci nella Silicon Valley

Di natura completamente diversa è stata invece la bolla formatasi qualche secolo più tardi nella Silicon Valley californiana. Era il 2000 quando AOL – American On Line, maggior Internet service provider del momento – acquisì per la cifra monstre di 106 miliardi di dollari Time Warner, colosso da 70 mila dipendenti che spaziava dalle reti televisive come la CNN alle case cinematografiche e discografiche, fino alle riviste a larga diffusione. Un’operazione enorme, arrivata sull’onda dell’euforia della bolla dot.com.

Vent’anni dopo, sul grande palcoscenico dei mercati, tutto, o quasi, è cambiato. AOL non esiste più: già dopo pochi anni dall’acquisizione era stato relegato a ramo minore di Time Warner fino a essere scorporato e venduto al colosso delle tlc Verizon, mentre Time Warner ha trovato casa nella rivale di Verizon, la At&T. Ma se la bolla dei tulipani ha lasciato dietro di sé solo cenere, quella di Internet ha gettato le basi per l’evoluzione futura, così come è successo nel caso dell’invenzione delle ferrovie, delle auto, delle radio e delle biotecnologie, cioè di tutto ciò che coinvolge le grandi trasformazioni storiche. 

Certo, non sempre arrivare per primi è sinonimo di successo: spesso, come nel caso di AOL, si fa da apripista sperimentando sulla propria pelle a beneficio di chi arriverà dopo, migliorando e specializzandosi nei nuovi business e nelle nuove frontiere. Ma le bolle, intese in questa seconda accezione, sono inevitabili e fisiologiche, fanno parte della natura stessa dei mercati, e hanno uno scopo evolutivo.


 

Le bolle vanno e vengono, ma gli indici azionari restano (e salgono)

Sebbene infatti le bolle abbiano spazzato via singoli soggetti (vedasi appunto l’esperienza dei tulipani e quella di società come AOL e Time Warner), gli indici azionari sono rimasti e hanno progredito – e tuttora progrediscono – nel tempo in modo costante. Basti pensare che nel 2000, ovvero al momento del matrimonio tra AOL e Time Warner, l’indice Nasdaq raggiunse il picco di 5.000 punti per poi precipitare, con lo scoppio della bolla, fino a quota 1.000. Vent’anni dopo, mentre AOL e Time Warner hanno valutazioni irrisorie, il Nasdaq vale 10 volte i minimi e il doppio rispetto alle quotazioni che, un tempo, furono definite da bolla. 

Tutto questo per dire che il mondo cambia continuamente e profonde trasformazioni sono in corso anche oggi – il lockdown in questo senso ha agito come acceleratore. Non è sempre possibile prevedere la traiettoria del cambiamento (anzi, quasi mai è possibile).

Per questo, negli investimenti, la diversificazione è la medicina per tutto.


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