Il nuovo “bazooka” della BCE spiegato ai piccoli investitori
Da una parte i Paesi del Nord, contrarissimi all’avvio di un nuovo Quantitative Easing. Dall’altra gli investitori istituzionali e le società bancarie, che speravano in una manovra ancora più coraggiosa, o almeno in qualche dettaglio in più. Nel mezzo Mario Draghi, presidente uscente della Banca Centrale Europea, il cui mandato terminerà il 31 ottobre, quando passerà il testimone a Christine Lagarde.
Le ultime decisioni della BCE: dettagli e implicazioni
A Draghi è toccato, dopo la riunione di giovedì 12 settembre, annunciare e/o spiegare le decisioni del consiglio direttivo della BCE, vale a dire:
• tasso di interesse sui depositi presso la banca centrale tagliato di 10 punti base, al -0,50%;
• tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento invariati allo 0,00% e allo 0,25%;
• riavvio del Programma di Acquisto di Attività (PAA, più noto come Quantitative Easing) a un ritmo mensile di 20 miliardi di euro a partire da novembre;
• prosecuzione del reinvestimento del capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del Programma di Acquisto di Attività;
• termini e condizioni delle TLTRO III resi ancora più favorevoli, con scadenza estesa da due a tre anni;
• introduzione di un sistema a due livelli (il cosiddetto “tiering”) per la remunerazione delle riserve, in cui parte della liquidità in eccesso detenuta dalle banche sarà esente dal pagamento del tasso negativo sui depositi presso la banca centrale (onde ridurre l’impatto negativo sugli utili).
Draghi contro i “falchi” del Nord Europa (aspettando Lagarde)
In merito al nuovo Quantitative Easing, restano una serie di interrogativi sul tipo di strumenti che la BCE andrà ad acquistare, forte delle sue nuove munizioni. Secondo alcuni osservatori, il programma di acquisto di asset si concentrerà principalmente sui titoli di Stato, probabilmente con una maggiore attenzione ai bond societari rispetto al passato. Altra domanda: quanto durerà questa rinnovata linea accomodante? Non c’è una data, né per i tassi né per il Quantitative Easing. Sui tassi d’interesse resta peraltro l’incognita dell’inflazione, le cui aspettative hanno iniziato a riagganciarsi a livelli intorno all’1,5%, lontano quindi dall’obiettivo della BCE, che è prossimo ma inferiore al 2%.Un fatto è certo: è pronto e già tracciato il solco per il nuovo presidente della BCE Christine Lagarde, una figura percepita come di continuità rispetto a quella di Draghi e che erediterà, fra le altre cose, i malumori dei Paesi del Nord, da sempre decisamente più “falchi” sulle questioni di bilancio e di politica monetaria.
Come sopra accennato, le componenti tedesca, olandese, francese, austriaca ed estone del consiglio direttivo non hanno preso benissimo la riedizione del “bazooka”. “Draghi ha oltrepassato il limite”, ha tuonato il presidente della Bundesbank Jens Weidmann. “Un pacchetto di tale portata non era necessario”, ha aggiunto. E il banchiere centrale dell’Olanda, Klaas Knot, ha rincarato: “Misure sproporzionate”.
Ma a cosa serve il nuovo “bazooka” della BCE?
Eppure, c’è una logica in questa nuova, eccezionale iniezione di liquidità. O per meglio dire, c’è una ragione, che consiste fondamentalmente nel rallentamento dell’economia globale e nel conseguente acuirsi delle pressioni deflazionistiche, fattori alla luce dei quali da mesi anche le altre banche centrali stanno profondamente rivedendo i piani di restringimento dei loro bilanci. La BCE di Mario Draghi, da parte sua, si è convinta della bontà di questa scelta alla luce di una serie di elementi, fra i quali:
• la prolungata debolezza delle prospettive dell’area euro, con persistenti rischi al ribasso e con la Germania – locomotiva del Vecchio Continente – in affanno, complice fra l’altro il calo della domanda cinese e di quella inglese;
• l’incognita della Brexit, mentre si avvicina la scadenza del 31 ottobre, che il primo ministro UK Boris Johnson non intende assolutamente mettere in discussione;
• le non trascurabili incertezze globali alimentate dalle ostilità commerciali e dalle tensioni geopolitiche.
Va però detto che i margini di efficacia del nuovo “bazooka” difficilmente saranno gli stessi del precedente QE, annunciato nel 2012 e messo in atto a partire dal 2015 a colpi di acquisti da 60 miliardi di euro al mese (diventati poi 30, in seguito 15 e, a fine 2018, zero): la medicina è già stata ampiamente somministrata, ora può aiutare – soprattutto a rassicurare i mercati – ma i governi nazionali devono fare la loro parte. “Se la politica fiscale diventa più efficace, le nostre politiche di stimoli monetari funzioneranno di più, con effetti collaterali meno negativi”, li ha spronati Draghi in conferenza stampa.
Quali implicazioni per gli investitori?
Nel frattempo, agli investitori italiani non resta che andare a esplorare – sempre in un’ottica di adeguata diversificazione – fonti di rendimento integrative rispetto a quelle ancora gettonatissime dei depositi bancari e dei prodotti postali, cui nei loro portafogli fanno seguito fondi comuni e titoli di Stato (fonte: CONSOB ). Le emissioni governative delle economie sviluppate, in particolare, sono ai minimi storici o quasi (un caso su tutti, il Bund tedesco) proprio per effetto nella rinnovata politica espansiva delle principali banche centrali globali. Motivo in più per andare a cercare qualche opportunità altrove, pur senza esagerare col rischio.