22 marzo 2017

I mercati festeggiano, ma è meglio tenere gli occhi bene aperti

Pubblicato in: Economia & Mercati

L’indice azionario americano Dow Jones ha superato quota 20mila punti. Eppure sembrava impossibile: già quando toccò i 1.000 punti, 45 anni fa, parve di aver superato le colonne d’Ercole, e lo stesso vale per quando raggiunse i 10.000 punti, nel 1999.

All’inizio degli anni ’70 a spingere in alto le quotazioni fu la rinnovata fiducia nella ripresa economica dopo decenni di conflitti mondiali figli della Grande Depressione del '29, mentre più tardi a mettere le ali alla Borsa contribuì la “Reaganomics” - la politica economica di Reagan fatta di tagli delle tasse e semplificazione delle norme. Oggi sembra che siano le politiche di Trump, volte a incentivare il sistema finanziario e bancario, a guidare i nuovi massimi del Dow Jones.

Va detto che quello americano è un indice anomalo, perché il peso delle società non è determinato dalla loro capitalizzazione, ma dal prezzo dell’azione. In altre parole, più l’azione ha un prezzo alto, più i suoi movimenti determinano l’andamento generale dell’indice. Al momento la società leader del Dow Jones è Goldman Sachs: dalla vittoria di Trump ad oggi il titolo ha guadagnato il 40%, sulla scia delle speranze che il settore finanziario ripone nel programma politico del neo presidente.

Resta il fatto che in 45 anni il Dow Jones si è moltiplicato per 20 volte, noncurante di tutte le crisi o pseudo-crisi che abbiamo attraversato. C’è ancora qualcuno che pensa che sul lungo termine non vi sia crescita e guadagno?

 

Mercato azionario

Ad approfittare della prodigiosa scalata dell’azionario USA sono stati, in tempi non sospetti, cinque nomi noti nel mondo del business: il numero uno di JP Morgan Jamie Dimon, il finanziere Warren Buffett, l’ideatore di Tesla Elon Musk, l’ex Goldman Sachs Steven Mnuchin - attuale Segretario al Tesoro - e il magnate dei casinò Steve Wynn. Nel momento più difficile del 2011 i cinque manager hanno comprato massicciamente azioni, della propria società e non. La loro mossa, che al momento sembrò avventata, si è rivelata saggia e sensata a distanza di sei anni. Il motivo? A differenza della maggioranza, i cinque manager hanno visto nel calo dei mercati non una voragine che avrebbe portato a una nuova crisi finanziaria, ma una grande occasione di investimento per il lungo termine.

E le Borse sembrano destinate a salire ancora. Per citare Warren Buffett, “Per 240 anni è stato commesso un terribile errore nello scommettere contro l’America: ora è il momento di scommettere a favore. Commercio e innovazione porteranno l’America ad essere la gallina dalle uova d’oro”.

Immancabile, come in ogni buon investimento, è la regola da tenere sempre a mente per evitare rischi inutili e dannosi: la diversificazione del portafoglio, e il lungo termine come variabile temporale.

 

Mercato obbligazionario

Quanto al mercato obbligazionario, il consiglio è di tenere gli occhi bene aperti vista l’attuale incertezza, sia nei valori sia nelle opinioni dei protagonisti. La confusione è alimentata soprattutto dal contesto internazionale e vede al suo apice le tensioni politiche ed economiche tra Stati Uniti e Messico. Tensioni che si sono concentrate sul mercato valutario attraverso la svalutazione del Peso messicano e che rischiano di mettere in ginocchio l’economia dell’intero Paese e delle aree circostanti. Una situazione delicata che, combinata all’attuale debolezza dei tassi d’interesse, fa ritornare alla mente la crisi messicana del 1994, che ebbe come conseguenza l’impennata dei tassi USA. In quell’occasione la risalita dei rendimenti da livelli bassi, ma ben più alti degli attuali, aveva causato parecchie perdite a chi era esposto nelle obbligazioni governative, soprattutto americane. Fortunatamente la storia non si ripete mai allo stesso modo e la situazione messicana non è così grave come lo era 23 anni fa. Ma vale la pena monitorare il livello estremamente basso dei rendimenti obbligazionari, che potrebbero risalire in qualsiasi momento. In ogni caso a questo stato di incertezza e preoccupazione c’è un antidoto: i fondi obbligazionari, che attraverso la diversificazione offrono comunque un rendimento attraverso il flusso cedolare, ed al tempo stesso proteggono il capitale dalla discesa dei prezzi obbligazionari.

 

“Non c’è spina senza rosa”

Crisi economica, incertezza politica e tassi bassi creano confusione di questi tempi nella mente degli investitori. Ma Albert Einstein diceva che le crisi sono in grado di “smuovere dal letargo, obbligando a pensare più a fondo e a guardare la realtà per quello che è”. Proprio per questi motivi dalle crisi emergono idee eccezionali spesso capaci di rivoluzionare, in positivo, l’intero sistema socio economico. Una di queste idee è, secondo noi, nella c.d. Legge di Bilancio 2017: stiamo parlando dei“PIR” ovvero l’acronimo di Piano Individuale di Risparmio (ne abbiamo parlato dettagliatamente qui). Questi “contenitori fiscali” di strumenti potrebbero contribuire a sostenere le piccole e medie imprese italiane, oltre ad offrire benefici fiscali ai sottoscrittori.

Il PIR offre al piccolo risparmiatore l’esenzione dall’applicazione dell’imposta sul rendimento finanziario, della tassazione sui rendimenti periodici corrisposti dagli strumenti finanziari a prodotti di distribuzione, e dalle imposte di successione. L’unico limite di questo investimento è l’importo. Si può investire al massimo 30 mila euro all’anno per 5 anni (durata minima per godere del beneficio fiscale), con un importo complessivo massimo di 150 mila euro. Una soluzione a doppio vantaggio, sia per il risparmiatore che può trovare un investimento esente da imposizione fiscale, sia per la piccola e media impresa che trova un canale di finanziamento agevolato.


AVVERTENZA LEGALE: questo è un foglio di informazione aziendale con finalità promozionali che riflette le analisi, effettuate da Banca Mediolanum, sulla base dell’attuale andamento dei mercati finanziari il cui contenuto non rappresenta una forma di consulenza nè un suggerimento per gli investimenti.

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