07 novembre 2022

Uscire dalla crisi energetica: Whatever it takes dell’energia

Pubblicato in: Economia & Mercati

L’Europa si trova in una fase di emergenza: quella legata ai prezzi dell’energia, schizzati in alto per effetto delle tensioni geopolitiche e della corsa dell’inflazione. Solo nel nostro Paese, si stima un incremento della spesa media annua degli italiani di 1.322 euro e un balzo del 59% delle bollette per l’elettricità. Ma le cause di questa crisi energetica non sono da ricercare solo negli avvenimenti recenti: hanno infatti radici più profonde, legate a leggi sul mercato dell’energia risalenti ormai ad altri tempi e che oggi mettono in evidenza i propri limiti.


Crisi energetica: come siamo arrivati fin qui? 

Per capirlo, dobbiamo ripercorrere brevemente il passato, partendo da quando la maggior parte dei mercati nazionali dell’energia elettrica in Europa era oggetto di monopolio. Tra il 1996 e il 1998, l’Unione Europea e gli Stati membri decisero di aprire gradualmente alla concorrenza.
Entrarono così in vigore le prime direttive in materia di liberalizzazione del mercato energetico europeo, tra le cui principali iniziative c’era l’incentivazione dell’uso delle fonti rinnovabili, che all’epoca non erano sicuramente a buon mercato, e al tempo stesso la disincentivazione del ricorso ai combustibili fossili come il gas, dai prezzi molto più favorevoli.

Perciò si pensò di concentrare sul prezzo del gas, in quel momento il più concorrenziale, tutta la produzione di energia elettrica europea, in una sorta di contrappeso che negli anni ci ha permesso di sviluppare l’energia pulita. Ma che oggi, in un’economia diversa, sta mostrando limiti e necessità di aggiornamento.
Un meccanismo le cui pecche sono la rigidità dovuta all’ancoraggio al prezzo di un unico prodotto e l’opacità con cui questi prezzi si formano. Il luogo in cui si effettuano queste operazioni finanziarie è il TTF di Amsterdam: un mercato piccolo ma formato da grandi investitori, che oggi decide le sorti delle nostre imprese e i rincari per le nostre famiglie, e che ricorda quello dei Credit Default Swap. Questi sono strumenti finanziari che hanno deciso il destino degli Stati nella grande crisi finanziaria del 2008 e successivamente in quella degli spread nel 2011.


Rivedere il mercato del gas: sì, ma come?

Ad avanzare proposte sulla revisione dei prezzi ci sono da un lato la Grecia. Questa sostiene il cosiddetto “disaccoppiamento” dei prezzi e la biforcazione dei mercati dell’elettricità, con energie rinnovabili, nucleare e flusso idroelettrico in un paniere e combustibili fossili ed energia idroelettrica immagazzinata in un altro. E dall’altro lato c’è la Germania, che non teme tanto i livelli del prezzo del gas quanto piuttosto un suo possibile esaurimento.

E che procede per la sua strada, decidendo in totale autonomia di stanziare un pacchetto di aiuti a imprese e famiglie per una cifra compresa tra i 150 e i 200 miliardi di euro. Una mossa che evidenzia un’inclinazione all’individualismo piuttosto che all’azione concertata con gli altri Stati membri della UE.
Tra le soluzioni al vaglio dell’Unione per risolvere la crisi ci sono il cosiddetto “price cap”, ossia un tetto ai prezzi del gas, e il disaccoppiamento dei prezzi, come proposto da Atene. Quest’ultima via, però, trova un ostacolo nei Paesi del Nord, i quali stanno realizzando ottimi profitti proprio dai prezzi elevati di questo periodo di crisi energetica.


Evitare l’errore di un’Europa a più direzioni

Cosa occorre, a questo punto? Occorre che non si ripeta l’errore del 2008, anno della crisi dello spread, quando in pieno tsunami finanziario l’allora cancelliere tedesco Angela Merkel, citando Goethe, avallò l’idea che “ognuno spazzasse davanti a casa propria” e dunque ognuno si occupasse della propria situazione nazionale.
Se le conseguenze di quell’approccio ci hanno insegnato qualcosa, è che dovremmo invece emulare la modalità con cui intervenne l’allora presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, mutuando il suo celebre “whatever it takes” per applicarlo all’energia. Come fu salvato l’euro dalla crisi finanziaria, ora ci si deve salvare dalla crisi energetica.
Perché non è l’energia a mancare: mancano il rinnovamento delle regole, delle strategie e una voce autorevole come fu quella di Draghi. E perché, come abbiamo imparato, nessuno si salva da solo: dalla crisi si esce come Unione e non come singoli.


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