Annunci altisonanti, colpi di scena, minacce e improvvisi cambi di rotta: la gestione del presidente USA Donald Trump sembra umorale e imprevedibile, un cocktail apparentemente indigesto per gli investitori. Eppure, da quando è entrato alla Casa Bianca, un anno fa, i mercati – Wall Street in primis – continuano a inanellare nuovi record. C’è chi ha addirittura coniato il termine “Trump Trade” per descrivere l’ottimismo che ha accompagnato, in Borsa, la sua elezione nel 2025. Un atteggiamento opposto a quello osservato nel 2016, quando lo stesso Trump fu eletto per il suo primo mandato presidenziale: allora tutti pensavano che la Borsa sarebbe crollata. E si sbagliavano.
Mercati poco appassionati di politica
Il punto, però, è un altro: economia e mercati – ce lo conferma la storia – sono mossi da leve diverse e si interessano solo marginalmente a quel che succede nella politica. Insomma, se i listini corrono o crollano, non è né colpa né merito di Trump.
Vero è che Trump è un personaggio divisivo, capace di generare reazioni forti. Si è presentato fin da subito come l'uomo della pace, in grado di porre fine ai conflitti in Ucraina e in Medioriente, come il nuovo Ronald Reagan, pronto a rilanciare gli Stati Uniti d’America (e tutto il mondo), come il fautore della nuova età dell’Oro, applaudito da tutta la Silicon Valley.
Ma ha anche mostrato fin dall’inizio l’altra faccia della medaglia: la forte competizione commerciale con la Cina, il diverso atteggiamento con l’Europa. E soprattutto i dazi, necessari per finanziare il “One Big Beautiful Bill Act”, la maxi-legge di bilancio firmata il 4 luglio (non una data a caso) e volta a rilanciare il made in USA e, in generale, la potenza economica del Paese.
Inizialmente i mercati avevano preso alla leggera le minacce di nuovi dazi, tanto che, quando poi c’è stato l’annuncio di quelli cosiddetti “reciproci”, lo scorso 2 aprile, la reazione è stata di panico. In seguito, sono arrivate le negoziazioni, tra minacce ritirate e colpi di scena.
Qualche commentatore ha detto: non dovete prendere sul serio quello che Trump dice, ma quello che fa. La vera domanda, però, è un’altra: chi investe è davvero costretto a dipendere dall’umore (e dai tweet) del presidente USA? La risposta è no. O almeno, non sempre e non su tutto, perché – per fortuna – i mercati storicamente e strutturalmente si muovono sulla base di altre dinamiche.
Quali leve muovono le Borse?
A ben guardare, i meccanismi, gli ingredienti e gli impulsi che muovono i mercati sono sempre gli stessi: il ciclo economico, la politica monetaria (leggasi: tassi d’interesse), la politica fiscale (leggasi: bilanci degli Stati), gli utili aziendali, e – più importante di tutti – le grandi rivoluzioni industriali e finanziarie.
La politica non ha quasi mai effetti di lungo periodo, anche se può provocare scossoni momentanei anche significativi. Pensiamo al clamoroso pareggio tra Bush junior e Al Gore nel 2000 e alla stessa elezione di Trump nel 2016: entrambi gli eventi provocarono ribassi, ma se nel primo caso il motivo fu lo scoppio della bolla “dotcom” – poi sfociato in una recessione globale – nel secondo si trattò solo di una turbolenza di breve durata.
Gli 11 eventi più dirompenti degli ultimi 25 anni
Se guardiamo agli ultimi 25 anni, gli eventi “disruptive” non sono mancati:
- nel 2000, la già citata bolla delle “dotcom” e il fallimento dell’Argentina;
- nel 2001, l’attentato al World Trade Center e il default della Enron;
- nel 2002, gli scandali contabili a Wall Street;
- nel 2008, la “Grande Crisi Finanziaria”;
- nel 2011, la crisi degli spread;
- nel 2015, il rischio Grexit;
- nel 2016, la Brexit;
- nel 2020, il Covid;
- nel 2022, la guerra Russia-Ucraina;
- nel 2023, il rischio fallimento del Crédit Suisse;
- nel 2024, l’attentato a Trump.
E quest’anno i dazi, ai quali si è aggiunta l’incognita dello shutdown governativo.
Tecnologia e IA sono il fulcro del mercato Toro
A questi “veleni”, tuttavia, il sistema finanziario riesce sempre a trovare un antidoto. Oggi è lo straordinario uso combinato di politica monetaria e fiscale, un boost per tutto il sistema. L’effetto collaterale è la crescita del debito, ma per il momento questo è il lievito della crescita e dello sviluppo che deve sostenere l’attuale rivoluzione industriale e tecnologica.
Henry Kissinger, non un ammiratore né un sostenitore di Trump, diceva che questi personaggi capitano nei momenti di cambiamento della Storia. E senza dubbio Trump ha la capacità di portare trasformazioni radicali negli USA. Lo si è visto nelle prime decisioni del suo secondo mandato: non l’annuncio sui dazi, ma la presentazione della “$Trump” (la sua meme coin) e del progetto “Stargate”, con 500 miliardi di investimenti nell’AI.
Entrambi sono indizi che fanno capire quale sia il vero motore di questo mercato Toro: la rivoluzione industriale che introdurrà l’AI come componente vitale per l’economia.
AVVERTENZA LEGALE: questo è un foglio di informazione aziendale con finalità promozionali che riflette le analisi, effettuate da Banca Mediolanum, sulla base dell’attuale andamento dei mercati finanziari il cui contenuto non rappresenta una forma di consulenza nè un suggerimento per gli investimenti.
NOTA DI REDAZIONE: gli argomenti sono frutto di elaborazione interna.
Messaggio pubblicitario con finalità promozionale.
Le informazioni riportate non devono essere intese come una raccomandazione, diretta o indiretta, o un invito a compiere una particolare operazione. Per verificare le soluzioni più adatte alle tue esigenze e adeguate al tuo profilo di investitore rivolgiti sempre al tuo Family Banker.