Tassonomia UE: cos’è, a cosa serve e cosa cambia per chi investe
Ultimamente l’argomento tassonomia UE è di grande attualità, specialmente con riferimento all’inclusione di gas naturale e nucleare tra le attività etichettate come sostenibili a determinate condizioni. Ma cosa significa, esattamente? Procediamo con ordine.
La tassonomia è un sistema di classificazione europeo (una specie di vocabolario, per intenderci) che stabilisce una lista delle attività economiche ritenute sostenibili per l’ambiente. È rivolto a imprese, investitori e decisori politici che, in questo modo, potranno disporre di definizioni condivise su quelle che sono le attività e gli investimenti considerati sostenibili, ossia che contribuiscono ad avere un’economia che non impatti negativamente sull’ambiente.
Accordo tassonomia EU finanza sostenibile: gli obiettivi da perseguire
Il regolamento sulla Tassonomia è già in vigore dal luglio 2020 e definisce i sei obiettivi ambientali a cui deve contribuire un’attività economica per essere considerata ecosostenibile:
• mitigazione del cambiamento climatico;
• adattamento al cambiamento climatico;
• uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine;
• transizione verso l’economia circolare;
• prevenzione e controllo dell’inquinamento;
• protezione e restauro della biodiversità e degli ecosistemi.
Per risultare compatibile con l’ambiente, un’attività economica deve contribuire al raggiungimento di almeno uno di questi obiettivi senza produrre impatti eccessivamente negativi sugli altri, rispettando al contempo alcune garanzie sociali minime. Secondo l’accordo tassonomia UE finanza sostenibile, i settori economici considerati sono in tutto 70, dall’agricoltura alla produzione di energia, dall’ICT al comparto manifatturiero, dai trasporti alle costruzioni. Si tratta di settori che producono il 93% delle emissioni inquinanti europee.
Cosa sono gli atti delegati della tassonomia verde UE?
Il regolamento, lo abbiamo detto, è già in vigore. Per definire meglio i dettagli tecnici di questo “vocabolario della sostenibilità” e poter così stilare una vera e propria lista delle attività da considerare “green”, servono però i cosiddetti “atti delegati”.
Un primo atto delegato – riguardante le attività considerate ecosostenibili sotto il profilo dei primi due obiettivi (adattamento e mitigazione del cambiamento climatico) – è stato formalmente adottato il 4 giugno 2021. Mentre un secondo atto delegato per i restanti obiettivi dovrebbe essere pubblicato nel corso del 2022.
Gli obblighi di informativa a norma del regolamento Tassonomia si applicheranno già a partire da questo gennaio 2022 per gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici e di adattamento agli stessi. Mentre da gennaio 2023 per gli altri quattro obiettivi.
Nucleare e gas naturale nella lista “green”
Allora perché, all’inizio di quest’anno, il tema della tassonomia UE è tornato a far parlare di sé? Lo scorso 2 febbraio la Commissione Europea ha approvato in linea di principio un “atto delegato complementare” sul clima che include, a determinate rigorose condizioni, anche energia nucleare e gas naturale nella lista delle attività economiche che si possono considerare sostenibili.
Queste due fonti di energia infatti, sostiene Bruxelles, possono svolgere un ruolo nella transizione, consentendo un più rapido abbandono delle attività più inquinanti come quelle che ruotano attorno al carbone.
Una volta tradotto in tutte le lingue ufficiali dell’UE, l’atto delegato complementare sarà trasmesso ai co-legislatori per essere sottoposto a un controllo. Terminato il quale - in assenza di obiezioni - entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2023.
La decisione, sulla quale ha contribuito anche la necessità di rendere l’Europa più autonoma sul fronte dell’approvvigionamento energetico in un momento estremamente delicato a livello internazionale (e in uno scenario nel quale si agitano gli interrogativi sulle conseguenze economiche a medio e lungo termine dell’intervento militare russo in Ucraina, con le sanzioni occidentali che ad esso sono seguite), ha scatenato prevedibilmente una serie di reazioni tra esperti e ambientalisti.
Non è solo una questione di etichetta
Al di là del punto specifico, per le imprese condurre un’attività definita “verde” potrebbe garantire l’accesso ai fondi per la finanza sostenibile messi a disposizione dal Green Deal europeo. Per ottenere questo “marchio”, le aziende dovranno rendere pubblici i dati sulle proprie operazioni, specificando come queste contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi illustrati dal regolamento sulla tassonomia.
Lato investitori, è chiaro che nessuno impone di indirizzare il nostro denaro proprio nelle attività etichettate come “green”. Ma l’idea è che, agli occhi di un’opinione pubblica sempre più attenta ai temi ambientali, le società che si posizionano nel perimetro della sostenibilità e della transizione verde risultino più appetibili. E siano quindi premiate dai nostri investimenti.
Tassonomia europea: cosa cambia per il risparmio?
“Trasformare l’Europa nel primo continente climaticamente neutro entro il 2050 è la mia assoluta priorità”, ha detto di recente Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea. E affinché questa ambizione diventi realtà, Bruxelles sta cercando di imprimere una “spinta gentile” a imprese e policymaker, ma anche alla platea degli investitori.
Non solo attraverso la tassonomia europea, ma anche tramite tutta una serie di normative che intendono promuovere la trasparenza sul “green”, facendo leva sul desiderio degli investitori – anche i più piccoli – di ottenere un ritorno dai propri investimenti senza rinunciare a fare qualcosa per il pianeta.
Tra queste normative, merita un cenno il regolamento UE sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari, ovvero l’SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation). La regolamentazione di primo livello è entrata in vigore un anno fa, ma nel gennaio del 2023 è prevista l’applicazione delle regole d’informativa di secondo livello più dettagliate e stringenti.
E nel definire i prodotti di investimento che promuovono fattori ESG, la SFDR si intreccia per certi aspetti proprio alla tassonomia. In che senso? Nel senso che:
• il gestore deve indicare all’investitore i fondi che promuovono i fattori ESG o che puntano a realizzare obiettivi di sostenibilità investendo in aziende in questo impegnate (SFDR);
• riconoscere le aziende in questo impegnate è possibile proprio in virtù della tassonomia UE e degli atti delegati. Alla luce dei quali ogni impresa deve dichiarare al mercato quali sue attività si collocano nel perimetro della sostenibilità, della transizione energetica e via dicendo.
In questo modo, la parte di mercato (gestori, investitori retail e altre figure) interessata a investire in attività economiche considerate sostenibili sarà sicuramente più facilitata. Potrà basarsi, appunto, su dati, anche numerici, concreti e non più solo su dichiarazioni, intenti o etichette talvolta poco chiare.
Insomma, si sta aprendo una nuova era. Sotto il segno della sostenibilità.
Approfondimenti sulla pianificazione finanziaria
Investimenti online
Protezione
Previdenza
Family Banker: professionisti della consulenza finanziaria