27 maggio 2019

Investimenti sostenibili, i risparmiatori vogliono saperne di più

Pubblicato in: Financial Advise

I criteri di sostenibilità, responsabilità sociale e inclusività potrebbero diventare presto decisivi per il risparmiatore nella scelta della banca o della società di gestione alla quale affidarsi, oltre che un fattore competitivo determinante per la stessa industria. Il target più sensibile risulta essere quello dei Millennials, gli individui nati tra il 1980 e il 2000, che però nella propensione agli investimenti sono superati dalla generazione dei Baby Boomer, ossia le persone la cui data di nascita si colloca tra il 1946 e il 1964. Questo è quanto è emerso dalla ricerca condotta da Finer per Assogestioni e presentata nel corso dell’edizione 2019 del Salone del Risparmio. “L’Italia è pronta per la sostenibilità?”, ci si è chiesti nella conferenza che l’associazione ha dedicato al tema. Ecco le risposte raccolte da Finer.



Gli italiani e la sostenibilità
Secondo l’indagine – basata su un campione di 1.700 individui fra investitori finali, consulenti finanziari, private banker, operatori bancari, fund selector e gestori – il tema dell’informazione su questo tipo di investimenti è ritenuto centrale sia dagli investitori finali sia dai distributori (banche e reti) e dalle SGR. Da segnalare che la conoscenza dei temi è proporzionale al patrimonio, tanto che:
• il 49% dei clienti private e degli high net worth individuals descrive correttamente gli investimenti ESG, dimostrandosi in grado di spiegare che tali investimenti creano valore tramite una valutazione che integra l’analisi finanziaria e quella ambientale, sociale e di buon governo;
• al contrario, il 49% dei clienti mass market e il 42% dei clienti affluent e upper affluent confondono gli ESG con gli investimenti “no profit”, quelli cioè che mettono al primo posto la salvaguardia ambientale, il rispetto dei diritti umani e della società, la parità di genere e razza, trascurando i profitti e i rendimenti per l’investitore. Quanto al vocabolario, la situazione è variegata e di certo meno favorevole agli acronimi. “Sostenibilità”, “responsabilità sociale” e “inclusività” sono parole note ai più, ma soprattutto a chi investe le somme più consistenti. Su ben altri livelli si colloca la conoscenza delle sigle: solo il 10% dei clienti private e high net worth individuals sa a cosa corrisponde SRI (Sustainable and Responsible Investment, ovvero investimento sostenibile e responsabile), percentuale che scende all’8% tra gli investitori affluent e upper affluent e al 4% fra i mass market. Non va meglio per l’ESG (Environmental, Social, Governance): questa sigla è conosciuta solamente dal 12% dei private e HNWI, dal 13% degli affluent e upper affluent e dal 3% dei mass market.



Cresce l’attenzione ai temi SRI
Rispetto a qualche anno fa, tuttavia, gli investitori interpellati si dichiarano più sensibili ai temi SRI. Perché? Ci sono vari motivi. Al primo posto, con un sostanzioso 91%, ci sono gli effetti dei cambiamenti climatici, citati dagli investitori mass market. Gli affluent e upper, con la loro visione più articolata dei temi economici e finanziari, citano invece la crisi e il fallimento delle società che non rispettano i temi dell’investimento sostenibile e responsabile (77%). Salendo ancora di livello troviamo i clienti private e HNWI, che con una maggioranza dell’88% menzionano il fallimento progressivo delle banche che non hanno rispettato questi valori. Ma chi dovrebbe veicolare le informazioni su questo tipo di investimenti? Per la quasi totalità degli affluent e upper (98%) e dei private e HNWI (92%), dovrebbe occuparsene il referente per gli investimenti. L’88% degli investitori mass market, invece, indica la propria banca o la società cui affida i suoi soldi. Anche le SGR potrebbero essere un interlocutore adatto: lo crede il 72% dei private e HNWI, il 64% degli affluent e il 43% dei mass market. Sembra una questione secondaria, e invece no: secondo tutti gli investitori, la mancanza di chiarezza è la principale barriera alla sottoscrizione di prodotti ESG. Lo sostiene il 75% dei mass market, il 43% degli affluent e upper e il 31% dei private e HNWI.



Professionisti alle prese con l’ESG
Per quanto riguarda i professionisti, l’indagine di Finer evidenzia come gli investimenti sostenibili e responsabili siano correttamente descritti dai consulenti finanziari e private banker. Rimandati invece a settembre – come si diceva una volta – i bancari, fra i quali un buon 22% associa ancora la sostenibilità alle associazioni “no profit”. Rispetto a qualche anno fa, risulta cresciuta l’importanza dei prodotti ESG per tutte le categorie di professionisti: in primis gli asset manager (81%), seguiti dai fund selector (77%), dai consulenti finanziari (72%), dai private banker (64%) e dai gestori bancari (41%). E i clienti? Secondo i professionisti, gli investitori finali sono ancora poco informati. Occorrono dunque più informazione e una maggiore educazione finanziaria. 


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