Come investono gli italiani? Ecco cosa ci dice il quinto rapporto Assogestioni-Censis
Una pandemia che ha messo in ginocchio il mondo intero, il riscaldamento globale che inizia a dare segnali tangibili come inondazioni ed eventi atmosferici estremi. Ma anche il ritorno dell’inflazione nei Paesi occidentali e lo scoppio di conflitti che, per le loro dinamiche, rischiano l’escalation su scala globale.
Le enormi sfide con cui ci troviamo a fare i conti oggi erano completamente inimmaginabili solo una manciata di anni fa. E hanno inevitabilmente influito sul modo in cui i risparmiatori – in Italia e non solo – guardano il mondo e prendono le loro decisioni di risparmio e investimento.
Proprio sul nuovo approccio dei risparmiatori italiani si concentra l’ultimo rapporto elaborato da Censis e Assogestioni (arrivato alla quinta edizione e presentato in occasione dell’ultimo Salone del Risparmio), che vuole proporsi come uno strumento utile nelle mani dei consulenti per interpretare al meglio le mutate esigenze dei loro clienti.
Cosa ci dice l’ultimo report Assogestioni-Censis
In estrema sintesi, che gli italiani continuano imperterriti a risparmiare, nonostante la complessità del contesto socioeconomico: lo fa il 76,7% degli intervistati, in modo trasversale rispetto ai gruppi sociali (ovviamente, con intensità variabili).
Ma qualcosa è cambiato nel modo di risparmiare. Tanto per cominciare, complice l’aumento dell’inflazione, il contante non è più in cima alle loro preferenze, né viene più percepito come “sicuro”:
• il 78,5% dei risparmiatori ritiene che non sia garanzia di sicurezza come in passato;
• solo il 32,4% terrebbe le risorse liquide (era il 45% nel 2020).
Anche la passione per il mattone, sempre viva nel cuore degli italiani, sembra raffreddarsi: oggi solo il 21,8% investirebbe in immobili.
Tornano invece in auge i titoli di Stato, e anche i prodotti del risparmio gestito suscitano un certo interesse, con il 46,9% degli italiani che ha intenzione di investire di più o di iniziare a investire in questo settore. Un interesse – sostiene il rapporto – che costituisce un punto di accesso per i consulenti finanziari, ma che andrebbe incoraggiato e alimentato con appropriate campagne di comunicazione, capaci di rispondere a dubbi e vuoti conoscitivi.
Molti dei risparmiatori che si dicono non intenzionati a investire nell’asset management (il 38,7% del totale) motivano infatti la loro diffidenza con una scarsa conoscenza del settore.
L’ansia alimenta scelte avventate e “home bias”
Un’altra novità che emerge dal rapporto riguarda la maggiore ansia mostrata dai clienti nella gestione dei loro risparmi, con frequenti richieste di cambiamenti ai loro consulenti finanziari o decisioni palesemente influenzate dai timori legati a eventi contingenti (come le guerre in corso): al 44,2% dei risparmiatori è capitato di modificare decisioni sull’utilizzo dei propri soldi a causa di notizie su eventi globali come le guerre (al 7% è capitato spesso e al 37,2% qualche volta).
Non solo. Quando pensano ai propri risparmi, gli italiani sentono la necessità di muoversi con cautela (38%) e provano preoccupazione (31,6%). C’è anche da dire che, proprio alla luce del clima ricco di incertezza, i risparmiatori sembrano fare più attenzione rispetto al passato a quello che succede nel mondo: oltre 9 italiani su 10 seguono ormai gli eventi globali quali guerre e crisi economiche e a turbare sono soprattutto i conflitti in Ucraina e Medio Oriente (47,6%) e il cambiamento climatico (37,5%).
Proprio l’ansia alimentata dagli eventi globali spinge i risparmiatori a “rifugiarsi” nella loro comfort zone, ripiegando su investimenti italiani, percepiti come più rassicuranti: il 69,6% pensa che oggi sia meglio investire su strumenti finanziari del Belpaese, cedendo così a un’inconsapevole “home bias”.
La voglia di sicurezza degli italiani appare lampante anche se si guarda alle motivazioni che li spingono a investire.
Per fortuna c’è il consulente finanziario
In un simile contesto, i risparmiatori cercano nella consulenza finanziaria un supporto alle loro scelte, anche le più semplici, sull’impiego del risparmio, e un sostegno anche psicologico per evitare di oscillare nelle proprie convinzioni su quel che accade.
Quest’ansia diffusa è intercettata anche dai consulenti intervistati nel corso dell’indagine: all’83,2% dei 442 professionisti intervistati è capitato che i clienti chiedessero di modificare decisioni sull’utilizzo dei soldi a causa di notizie su eventi globali.
Tra i professionisti prevale comunque l’ottimismo: il 67,1% dei consulenti finanziari è positivo sul futuro prossimo di risparmi e investimenti degli italiani e l’89,1% è ottimista sulla capacità della consulenza finanziaria di garantire supporto appropriato ai risparmiatori nell’attuale fase.
Insomma, il lavoro dei consulenti non è mai semplice, ma oggi più che mai a loro spetta il compito di riportare al centro dei processi decisionali dei clienti la razionalità, o quantomeno il buon senso e la lungimiranza, anche e soprattutto quando il corso degli eventi sembra voler solleticare le decisioni “di pancia” e l’emotività.
Un fatto è certo: oggi più che mai l’assistenza di un bravo consulente – il “medico del risparmio”, come lo definiva il fondatore di Banca Mediolanum Ennio Doris – è più che mai cruciale, per una gestione a tutto tondo non solo dei risparmi del cliente ma anche dei suoi bisogni, del raggiungimento dei suoi obiettivi, della sua stessa serenità presente e, soprattutto, futura.