17 settembre 2018

Alla scoperta della relazione tra tassi d’interesse e bond

Pubblicato in: Economia & Mercati

Gli italiani sono storicamente affezionati alle obbligazioni, specialmente governative, ma possiamo ragionevolmente dubitare che conoscano davvero i rischi dello strumento obbligazionario, a cominciare da quello legato alle variazioni dei tassi di interesse. Vediamo di capire qual è la relazione con le decisioni delle banche centrali.


Pian piano la musica sta cambiando


Dopo anni a livello zero, quando non addirittura sotto, i tassi d’interesse nei principali Paesi e aree economiche stanno più o meno rapidamente invertendo il senso di marcia. Negli Stati Uniti, a giugno, la Federal Reserve ha operato il secondo rialzo dell’anno portando i tassi al corridoio compreso tra l’1,75% e il 2%. Stando alle intenzioni del board della Fed, entro l’anno ci dovrebbe essere ancora un rialzo di 25 punti base, poi altri tre nel 2019. Sull’altra sponda dell’Atlantico, la Banca Centrale Europea ha ufficializzato la fine del quantitative easing e secondo la maggior parte degli analisti intervistati da Bloomberg potrebbe decidere di ritoccare i tassi a partire dalla prossima estate. Ancora espansiva, ma con qualche remora, la Bank of Japan. Tra le Big Four, la più cauta è la Bank of England, che è alle prese con la complessa gestione della Brexit. A livello globale le politiche monetarie rimangono in prevalenza accomodanti, per ora. Ma guardando avanti, ci saranno sempre più banche centrali pronte a stringere i cordoni del credito. Anche perché, comunque vada, la situazione dei tassi a zero non può durare per sempre: primo, perché l’inflazione sta tornando a fare capolino; secondo perché, con i tassi bassi o bassissimi, le banche centrali avranno meno leve da manovrare se e quando vorranno imprimere un nuovo stimolo all’economia nella fase di frenata che ciclicamente è destinata a tornare.


Cosa c’entrano i mercati obbligazionari?


Intervenendo sui tassi d’interesse o tramite politiche non convenzionali (come per esempio il quantitative easing), le banche centrali influenzano in modo più o meno diretto il costo del denaro. In linea di massima, quando la banca centrale alza i tassi d’interesse, l’aumento del costo del denaro si propaga in prima battuta sulle scadenze brevi e successivamente su tutta la curva dei tassi d’interesse, se il mercato si convince che in effetti non c’è più bisogno del sostegno della banca centrale. Ed è quello che è successo. Dalla metà del 2016, quando l’economia mondiale ha iniziato ad accelerare in mondo convincente, sui mercati si è incominciato a respirare un’altra aria. Gli investitori hanno iniziato a parlare di crescita robusta e coordinata e gradualmente si è diffusa la convinzione che l’era delle politiche ultra-accomodanti sarebbe presto giunta al termine. La combinazione tra i buoni dati economici, il miglioramento delle aspettative e l’aumento dei tassi di alcune banche centrali come la Federal Reserve o la Bank of Canada ha avuto effetti notevoli sul mercato obbligazionario, e più in generale sul costo del debito. Tra la prima metà del 2016 e la fine del 2017, la quota di obbligazioni con rendimenti negativi sul totale del mercato obbligazionario è scesa dal 23% al 15%. In termini di valore nominale, è passata da 10,6 mila miliardi di dollari a 7,6 mila miliardi.




Quante obbligazioni in portafoglio, quindi?


Alla luce di quanto detto, possiamo aspettarci che i tassi di interesse e i rendimenti proseguiranno nei prossimi mesi la loro salita. Ma rendimenti più alti comportano una riduzione del valore dell’investimento in obbligazioni perché, rispetto a nuove emissioni che remunerano meglio l’investitore, il bond che i vostri clienti hanno ora in portafoglio risulterà meno “competitivo” e quindi, nell’eventualità di una vendita, il suo prezzo sarà più basso. In generale, vale la pena di sottolineare che in un portafoglio adeguatamente diversificato l’investimento obbligazionario non può mancare. Ok, ma quanto? Questo dipende dal profilo di rischio e dagli obiettivi di portafoglio dei vostri clienti. È bene diversificare per divisa, includendo con intelligenza sia obbligazioni di Paesi a più alto rendimento sia obbligazioni che – con elevata probabilità – costituirebbero un “porto sicuro” in caso di correzioni pesanti del mercato azionario. In termini di veicolo giuridico, ha molto senso privilegiare i fondi comuni, già diversificati al loro interno. Ma è bene non disdegnare singole emissioni societarie che presentino motivi d’interesse, se il loro taglio minimo è tale da non concentrare troppo rischio su di esse.


NOTA DI REDAZIONE : gli argomenti, le immagini e i grafici sono frutto di elaborazione interna.

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