20 maggio 2021

L’esuberanza razionale del Recovery Plan contro le facili illusioni

Pubblicato in: Economia & Mercati

L’11 dicembre 2008 – giorno in cui i figli decisero di consegnarlo alla polizia – la Lehman Brothers aveva già dichiarato bancarotta, molte stelle della finanza stavano cadendo. Quella che chiamavano “tempesta perfetta” già da parecchi giorni si era scatenata sui mercati finanziari e in questa lo scandalo più dirompente fu l’arresto di Bernard Madoff. Un uomo il cui nome nei lussuosi palazzi di Manhattan e nelle stanze di Wall Street risuonava come quello di una star.


Parabola di una grande illusione finanziaria

Madoff è morto il 14 aprile 2021 a 82 anni, in carcere, dove aveva già scontato 10 dei 150 anni a cui era stato condannato. Nella sua vita, privata e professionale, aveva scalato la classifica del jet set, acquisendo amicizie e clienti importanti fino ad arrivare alla presidenza del Nasdaq, una carica dalla quale gli derivarono celebrità e quella certa autorevolezza che è sinonimo di sicurezza.

Nella sua rete truffaldina sono caduti in molti, senza distinzioni di ceto, reddito e cultura finanziaria: 65 miliardi di dollari per oltre 5mila clienti, soldi bruciati in quel che Tom Wolfe avrebbe chiamato “il falò delle vanità”, perché per investire nella società di consulenza di Madoff, dove lavoravano solo i parenti più stretti, occorrevano le conoscenze giuste.

Oggi quella formula non è più un segreto, dovremmo avere imparato a riconoscerla: eppure, il suo meccanismo periodicamente si ripete, soprattutto nei momenti di euforia dei mercati.


Attenzione al canto delle nuove sirene

Oggi il canto di una di quelle sirene sembra provenire dal sistema delle criptovalute, che sempre più viene inteso come dispensatore di facile ricchezza. In questo caso non ci sono truffe, volti e reputazioni di riferimento, né solidi quartier generali, solo il web. Il più noto rappresentate di questo mondo è Bitcoin, di cui con certezza sappiamo solo che l’attività di mining è al momento molto inquinante, e di questi tempi non è un punto a favore. Da un lato è considerato il futuro, dall’altro però per ora non viene usato come mezzo di pagamento.

Il Bitcoin non solo non ha un volto di riferimento, ma neanche un’economia, un Paese e nemmeno una banca centrale, e nonostante ciò attira fiducia, crea proseliti e genera figli, figliastri e cloni, come Ethereum o Litecoin, solo per citarne alcuni. Tutti accompagnati da quell’aura di mistero e leggenda probabilmente fonte di questa fascinazione collettiva, attraverso la quale forse possiamo spiegare come sia potuto accadere che Dogecoin sia diventata una vera star nei social e tra gli investitori grazie a rivalutazioni esagerate, tanto che oggi capitalizza circa 85 miliardi di dollari.


Siamo di fronte al futuro o al nulla?

Per spiegare le proporzioni del fenomeno basti ricordare che il giorno in cui si è quotata a Wall Street Coinbase, la piattaforma al momento più famosa dove vengono scambiate le criptovalute, ha avuto per un attimo una valutazione di quasi 100 miliardi di dollari (era il 14 aprile, oggi ne vale 55). Cosa che ha fatto dire al nostro ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti che era stato “quotato il nulla, certificato dal nulla” (fonte Il Sole 24 Ore del 15 aprile 2021).

In Germania il Bundestag sta pensando di approvare una proposta di legge che consenta a un certo tipo di fondi istituzionali di allocare fino al 20% degli asset in gestione direttamente in criptovalute. Ma quello che potrebbe essere uno strumento per lo sviluppo di un nuovo paradigma economico per ora è solo una mera scommessa che comporta la dispersione, con possibile perdita, di denaro e risorse che potrebbero essere utilizzati in altri modi. Specialmente ora che ci sono gravi ferite da ricucire, nel mondo post-Covid.


Il mondo dopo la pandemia: a che punto siamo?

La Cina è a buon punto, gli Stati Uniti stanno rimettendo sui binari una locomotiva che è pronta ad andare a tutta velocità. E per la prima volta, con ingenti risorse, c’è anche l’Europa. E soprattutto l’Italia, con i circa 220 miliardi di euro del nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, spalmati su cinque anni. Una pioggia di denaro che calerà sull’Italia per un nuovo Rinascimento economico, ecologico e tecnologico. Quasi un terzo di queste risorse andrà alla rivoluzione verde: 69 miliardi per lo sviluppo dell’economia circolare e per una migliore gestione dei rifiuti, per le fonti rinnovabili di energia, per il potenziamento della capacità delle reti elettriche.

Il piano d’azione è molto chiaro: nuove infrastrutture, mobilità elettrica, protezione del territorio (acqua, natura, mari) e poi l’idrogeno, nuova fonte energetica considerata dal ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani un potente driver. L’idea è quella di realizzare una società i cui mezzi di trasporto e le acciaierie siano alimentati da idrogeno verde, una delle energie rinnovabili del futuro. Si capisce che questo non è un progetto limitato ai cinque anni, l’arco temporale in cui è previsto l’uso dei fondi del Recovery Plan: questo è un piano di lungo termine, per costruire una società moderna per le future generazioni.

A questo si aggiungono le risorse dedicate alla digitalizzazione del Paese, stimate in oltre 49 miliardi. In questi mesi di smart working, didattica a distanza, “remotizzazione” del lavoro, abbiamo toccato con mano quanto l’Italia ne abbia bisogno. E poi ancora oltre 31 miliardi per le infrastrutture e altrettanti per la ricerca. Ultime, ma non per importanza, le nuove e fondamentali voci dell’“inclusione e coesione sociale”, cui vengono destinati quasi 22 miliardi, e la “salute”, per una quota di 18 miliardi.


Ma attenzione alla “schiuma”, come la chiama Powell

Nell’ultima riunione della Fed, il presidente Jerome Powell ha ammesso che si comincia a intravedere un po’ di “schiuma” sui mercati: se il corpo della birra è la corretta quotazione degli asset finanziari, la schiuma rappresenta la sopravvalutazione. Presto o tardi, grazie alla crescita economica nascente, le banche centrali saranno costrette a togliere i sostegni che hanno fornito finora al mondo, drenando la liquidità in eccesso e rialzando i tassi da livelli eccezionalmente bassi. Quel momento potrebbe svelare in quale attività si trova il reale valore di mercato.

Madoff regalò l’illusione di guadagni, promettendo rendimenti sicuri che poi si sono trasformati in perdite certe. Per evitare queste spiacevoli sorprese, invece di inseguire l’incerto e l’illusione meglio dirigersi sulla concretezza e sullo sviluppo reale. In questo caso c’è un motivo in più: si può fare del bene alla Terra e al nostro Paese, guadagnando.


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