27 maggio 2021

I punti chiave del Recovery Plan italiano (e quali settori possono beneficiarne)

Pubblicato in: Economia & Mercati

Fine aprile doveva essere, e fine aprile è stato: d’altro canto sono in ballo molti denari per la ripresa post Covid, e non si poteva giocare troppo sui tempi. Il 26 e 27 aprile, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha presentato alle Camere il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, o PNRR: sotto questa dicitura, sintetizzata in una sigla a molti forse non ancora nota, c’è quello che da mesi è conosciuto anche come Recovery Plan. Un maxipiano per la ripartenza economica finanziato con i prestiti a tasso agevolato e i sussidi di Next Generation EU.

Next Generation EU, lo ricordiamo, è quel Recovery Fund, il fondo per la ripresa, di cui i leader europei iniziarono a discutere nell’aprile del 2020 e che venne poi approvato nel luglio dello stesso anno, potendo partire a tutti gli effetti a fine anno, con il varo del bilancio pluriennale dell’Unione Europea. Un vero e proprio arsenale, con munizioni per 750 miliardi di euro tra prestiti e sussidi. All’Italia ne arriveranno circa 200. Come li utilizzerà il nostro Paese?

È appunto per rispondere a questa domanda che l’Italia – esattamente come gli altri 26 Paesi UE – ha dovuto mettere a punto il suo Piano per la ripresa. Anzi: il suo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, partito a fine aprile alla volta di Bruxelles, che dovrà passarlo al vaglio e dire la sua prima di staccare l’assegno poderoso da 200 miliardi di euro. L’Italia, lo ricordiamo, è la prima beneficiaria in Europa del Recovery Fund. Quindi?



Cosa c’è scritto nel nostro Recovery Plan?

Il documento riporta punto per punto il come e il dove il nostro governo ha intenzione di investire i finanziamenti che arriveranno dall’Unione Europea. L’Italia disporrà di 191,5 miliardi dall’UE e di oltre 30,6 miliardi di risorse interne, per un totale di 222,1 miliardi da utilizzare entro il 2026.

Il primo obiettivo, ha sottolineato il capo del governo Draghi, è quello di “riparare i danni della pandemia”. A seguire, raggiungimento della parità di genere, investimenti sui giovani e focus anche sulla crescita del Sud. Ma c’è anche l’impegno nella transizione ecologica. Un piano che si articola in sei missioni.

In particolare:

49,2 miliardi per promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo e investire in due settori chiave per l’Italia, vale a dire turismo e cultura. Gli investimenti previsti nel piano assicurano la fornitura di banda ultra-larga e connessioni veloci in tutto il Paese.
68,6 miliardi per migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva: previsti investimenti e riforme per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, ma attenzione anche all’efficienza energetica di edifici privati e pubblici e ai trasporti. Fari puntati, poi, sulla filiera dell’idrogeno.
31,4 miliardi per lo sviluppo razionale di un’infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile ed estesa a tutte le aree del Paese. Il Piano prevede un importante investimento nei trasporti ferroviari ad alta velocità.
31,9 miliardi di euro per rafforzare il sistema educativo, le competenze digitali e tecnico-scientifiche, la ricerca e il trasferimento tecnologico. Il Piano punta a investimenti negli asili nido, nelle scuole materne, nei servizi di educazione e cura per l’infanzia. Ma c’è anche l’obiettivo di ristrutturare edifici scolastici per una superficie complessiva di 2.400.000 metri quadri.
22,4 miliardi per facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso la formazione.
18,5 miliardi per rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure.

Il nostro PNRR conta di avere un impatto sul Prodotto Interno Lordo di 3,6 punti percentuali e di 3 punti sull’occupazione al 2026.



Dal punto di vista dell’investitore: quali settori ne beneficeranno?

A questa domanda ha provato a rispondere il team di analisti di Mediobanca. Transizione verde e digitalizzazione sono senza dubbio i due attori “in a leading role” – per citare i recenti Oscar del cinema – del nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Del tutto in linea con gli altri 26 Recovery Plan europei e in sintonia con le raccomandazioni e le indicazioni che l’Europa ha dato nel predisporre l’erogazione dei 750 miliardi di euro di Next Generation EU. Dobbiamo pensare infatti non solo a lasciarci alle spalle le macerie della pandemia ma anche e soprattutto a gettare le basi per un’economia più forte e sostenibile per le prossime generazioni.

Tra i settori da monitorare, dunque, sicuramente ci sono il comparto energetico e quello dell’automotive, in linea con le soluzioni più “green” che i loro protagonisti sono chiamati a mettere a punto con solerzia. Ma attenzione anche agli impianti di riscaldamento e condizionamento. Occhi puntati anche sulle Utility, in particolare su quelle già attive nei processi di gestione dei rifiuti e nel riciclo della plastica. Ma sarà il caso di non perdere di vista nemmeno le infrastrutture per la digitalizzazione e per i trasporti, oltre alle soluzioni IT e a tutto ciò che attiene alla cura della salute.



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