I punti chiave del Recovery Plan italiano (e quali settori possono beneficiarne)
Fine aprile doveva essere, e fine aprile è stato: d’altro canto sono in ballo molti denari per la ripresa post Covid, e non si poteva giocare troppo sui tempi. Il 26 e 27 aprile, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha presentato alle Camere il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, o PNRR: sotto questa dicitura, sintetizzata in una sigla a molti forse non ancora nota, c’è quello che da mesi è conosciuto anche come Recovery Plan. Un maxipiano per la ripartenza economica finanziato con i prestiti a tasso agevolato e i sussidi di Next Generation EU.
Next Generation EU, lo ricordiamo, è quel Recovery Fund, il fondo per la ripresa, di cui i leader europei iniziarono a discutere nell’aprile del 2020 e che venne poi approvato nel luglio dello stesso anno, potendo partire a tutti gli effetti a fine anno, con il varo del bilancio pluriennale dell’Unione Europea. Un vero e proprio arsenale, con munizioni per 750 miliardi di euro tra prestiti e sussidi. All’Italia ne arriveranno circa 200. Come li utilizzerà il nostro Paese?
È appunto per rispondere a questa domanda che l’Italia – esattamente come gli altri 26 Paesi UE – ha dovuto mettere a punto il suo Piano per la ripresa. Anzi: il suo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, partito a fine aprile alla volta di Bruxelles, che dovrà passarlo al vaglio e dire la sua prima di staccare l’assegno poderoso da 200 miliardi di euro. L’Italia, lo ricordiamo, è la prima beneficiaria in Europa del Recovery Fund. Quindi?
Cosa c’è scritto nel nostro Recovery Plan?
Il documento riporta punto per punto il come e il dove il nostro governo ha intenzione di investire i finanziamenti che arriveranno dall’Unione Europea. L’Italia disporrà di 191,5 miliardi dall’UE e di oltre 30,6 miliardi di risorse interne, per un totale di 222,1 miliardi da utilizzare entro il 2026.
Il primo obiettivo, ha sottolineato il capo del governo Draghi, è quello di “riparare i danni della pandemia”. A seguire, raggiungimento della parità di genere, investimenti sui giovani e focus anche sulla crescita del Sud. Ma c’è anche l’impegno nella transizione ecologica. Un piano che si articola in sei missioni.
In particolare:
• 49,2 miliardi per promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo e investire in due settori chiave per l’Italia, vale a dire turismo e cultura. Gli investimenti previsti nel piano assicurano la fornitura di banda ultra-larga e connessioni veloci in tutto il Paese.
• 68,6 miliardi per migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva: previsti investimenti e riforme per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, ma attenzione anche all’efficienza energetica di edifici privati e pubblici e ai trasporti. Fari puntati, poi, sulla filiera dell’idrogeno.
• 31,4 miliardi per lo sviluppo razionale di un’infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile ed estesa a tutte le aree del Paese. Il Piano prevede un importante investimento nei trasporti ferroviari ad alta velocità.
• 31,9 miliardi di euro per rafforzare il sistema educativo, le competenze digitali e tecnico-scientifiche, la ricerca e il trasferimento tecnologico. Il Piano punta a investimenti negli asili nido, nelle scuole materne, nei servizi di educazione e cura per l’infanzia. Ma c’è anche l’obiettivo di ristrutturare edifici scolastici per una superficie complessiva di 2.400.000 metri quadri.
• 22,4 miliardi per facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso la formazione.
• 18,5 miliardi per rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure.
Il nostro PNRR conta di avere un impatto sul Prodotto Interno Lordo di 3,6 punti percentuali e di 3 punti sull’occupazione al 2026.
Dal punto di vista dell’investitore: quali settori ne beneficeranno?
A questa domanda ha provato a rispondere il team di analisti di Mediobanca. Transizione verde e digitalizzazione sono senza dubbio i due attori “in a leading role” – per citare i recenti Oscar del cinema – del nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Del tutto in linea con gli altri 26 Recovery Plan europei e in sintonia con le raccomandazioni e le indicazioni che l’Europa ha dato nel predisporre l’erogazione dei 750 miliardi di euro di Next Generation EU. Dobbiamo pensare infatti non solo a lasciarci alle spalle le macerie della pandemia ma anche e soprattutto a gettare le basi per un’economia più forte e sostenibile per le prossime generazioni.
Tra i settori da monitorare, dunque, sicuramente ci sono il comparto energetico e quello dell’automotive, in linea con le soluzioni più “green” che i loro protagonisti sono chiamati a mettere a punto con solerzia. Ma attenzione anche agli impianti di riscaldamento e condizionamento. Occhi puntati anche sulle Utility, in particolare su quelle già attive nei processi di gestione dei rifiuti e nel riciclo della plastica. Ma sarà il caso di non perdere di vista nemmeno le infrastrutture per la digitalizzazione e per i trasporti, oltre alle soluzioni IT e a tutto ciò che attiene alla cura della salute.
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