03 dicembre 2017

I PIR: i protagonisti del 2017

Pubblicato in: Economia & Mercati

Un 2017 positivo per il nostro Paese
Con il 2018 oramai alle porte è tempo di fare un bilancio su come è andato questo 2017 per il nostro Paese. Dal punto di vista più strettamente economico, la crescita del PIL – attesa per fine anno all’1,6% - è stata certificata sia dalle agenzie di rating, con l’americana Standard & Poor’s che ha corretto al rialzo il giudizio sul Belpaese, sia dalla Commissione Europea. Una crescita economica accompagnata anche dal rialzo del mercato azionario: infatti il nostro Ftse Mib si avvia a chiudere l’anno con la performance migliore tra quelle dei Paesi Sviluppati.  Il 2017 è stato un successo anche grazie al fattore PIR (Piani Individuali di Risparmio); in base ai numeri che arrivano da Assogestioni, il fenomeno PIR ha tutta l’aria di un poter essere un catalizzatore per gli anni a venire sia per i risparmiatori ma anche per l’economia reale. 


I PIR per i risparmiatori
L’ascesa di questo strumento è confermata dagli ultimi dati pubblicati da Assogestioni: 7,5 miliardi di raccolta tra i risparmiatori italiani alla fine di settembre (il 10% della raccolta totale), per 12,2 miliardi di euro di patrimonio gestito. Ampiamente superata la stima fatta dal Governo dodici mesi fa in occasione della presentazione dello strumento, quando ci si aspettava una raccolta di circa 2 miliardi alla fine del primo anno.

I risparmiatori del nostro Paese hanno quindi accolto positivamente la nuova possibilità d’investimento offerta dai PIR, uno strumento che permette di investire direttamente sul tessuto industriale del nostro Paese, per lo più composto da piccole e medie imprese, molto spesso “dimenticate” dai grandi flussi finanziari dei mercati principali. Una riprova concreta di questa realtà la possiamo individuare osservando l’andamento degli indici di Borsa Italiana in cui si concentrano le piccole e medie imprese del nostro Paese: il Ftse Star e il Ftse AIM. Il dato che per primo salta all’occhio è la performance di questi due mercati, cresciuti da inizio anno rispettivamente del 39% e del 24%. Non solo la performance è migliorata, anche l’attività di questi indici è cresciuta in modo importante: i volumi di negoziazione su queste piazze finanziarie per l’anno in corso sono cresciuti del 61% e del 125% rispetto alla media dei volumi del 2015-2016.



I risparmiatori sembrano aver “risvegliato” prepotentemente questi mercati, considerati per lo più secondari rispetto al più noto Ftse Mib, mercato che, se da un lato si avvia a chiudere l’anno in crescita di circa il 20% dall’altro registra un vero e proprio crollo dei volumi. Gli scambi, infatti, sono diminuiti del 40% rispetto alla media 2015-2016.


I PIR per l’economia reale
La “forza” dei PIR tuttavia risiede nel fatto che non solo offrono una nuova forma d’investimento, ma anche aprono un nuovo canale di finanziamento per il tessuto industriale italiano. Un obiettivo utile per affiancare accanto al canale del finanziamento bancario anche quello del finanziamento sul mercato dei capitali. Le nostre imprese hanno da sempre preferito finanziare la loro attività tramite il canale bancario: negli ultimi anni il debito bancario ha raggiunto la quota record del 60% del debito totale (contro una media europea inferiore al 40%). Un aspetto che durante gli anni della recente crisi ha indebolito la nostra economia reale, troppo esposta all’andamento del sistema bancario sottostante e che ha determinato quello che è stato ribattezzato come “credit crunch”, la stretta creditizia a cui ancora le nostre imprese sono soggette. A confermarlo sono i dati di Banca d’Italia: infatti il totale del credito bancario al 2016 è diminuito di 46 miliardi rispetto al 2013, raggiungendo quota 3,3 mila miliardi di euro. La necessità di individuare un nuovo canale per reperire capitale è impellente e le imprese non sono rimaste inermi difronte alla rivoluzione portata dai PIR. Nell’ultimo anno infatti sempre più società hanno deciso di quotarsi sul mercato di Borsa Italiana effettuando un’IPO (Offerta Pubblica Iniziale): una scelta intrapresa proprio con l’obiettivo di reperire capitali sul mercato finanziario. Secondo i dati di Borsa Italiana, dall’inizio del 2017 sono 27 le società che tramite un’IPO si sono quotate sul mercato, al ritmo di quattro quotazioni a bimestre, contro una media storia (dal 1994 al 2016) di una ogni bimestre. Una differenza che possiamo considerare “statisticamente significativa”. Per il 2018 sono attese ulteriori 50 nuove quotazioni a Piazza Affari, 20 delle quali riguardano le piccole e medie imprese, a riprova che anche loro (e non solo i risparmiatori) hanno accolto positivamente le opportunità finanziarie offerte dai PIR, certificando così il successo di questo strumento finanziario. Ma la corsa non sembra finire qui. Secondo uno studio di Intermonte SIM entro il 2021 sono infatti stimati 67,7 miliardi di euro di raccolta complessiva, dei quali circa 10 miliardi dovrebbero finanziare proprio l’attiva delle nostre piccole e medie imprese e rendere così più stabile il cammino sulla strada della ripresa del nostro Paese.


NOTA DI REDAZIONE : gli argomenti, le immagini e i grafici sono frutto di elaborazione interna.
 
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