28 novembre 2022

Investire è bene, pianificare è meglio. E prima si inizia, meglio è per tutti

Pubblicato in: Financial Advise

Vi siete mai chiesti quali fattori potrebbero incoraggiare la propensione alla pianificazione finanziaria? La Consob lo ha fatto e ha dedicato al tema il quaderno di finanza dal titolo “Attitudine alla pianificazione finanziaria delle famiglie italiane”, a cura di Marianna Brunetti, Rocco Ciciretti, Monica Gentile, Nadia Linciano e Paola Soccorso .
La premessa è la più nota: per una corretta gestione delle finanze personali, la pianificazione è assolutamente fondamentale. Pianificare vuol dire guardare oltre il breve termine e saper considerare le esigenze finanziarie di lungo periodo. Ci sono, però, alcuni aspetti della personalità del risparmiatore/investitore che possono inibire la propensione alla pianificazione.
Nel loro studio, i ricercatori della Consob hanno indagato l’atteggiamento dei decisori italiani nei confronti della pianificazione finanziaria, utilizzando i dati dell’Osservatorio dell’autorità di vigilanza. “Abbiamo indagato il ruolo svolto dalle conoscenze finanziarie e da alcune caratteristiche personali”, spiegano, mettendo sotto la lente le caratteristiche socio-demografiche e la situazione finanziaria della famiglia.


Indagine Consob sulla gestione finanziaria personale: ecco cos’è emerso

Quel che è venuto fuori è un’associazione positiva tra l’attitudine alla pianificazione e le conoscenze finanziarie, in linea del resto con le aspettative e la letteratura empirica. Positivo anche il legame tra risparmio e ricchezza finanziaria, in linea, anche qui, con le aspettative. In chiaroscuro, invece, i dati che riguardano l’impatto delle caratteristiche personali. Si potrebbe pensare che l’ansia e l’autostima si collochino sui poli opposti della nostra banda emotiva, generando effetti diversi. E invece no.
Il quaderno Consob ci rivela infatti che hanno ripercussioni analoghe sulla nostra propensione a pianificare. Dall’ansia ce lo potevamo anche aspettare: la tendenza ad agitarsi alimenta la volontà di non pensare allo stato delle proprie finanze personali. Inaspettato, invece, il risultato che riguarda la relazione negativa con l’autoefficacia. Se ci pensiamo, però, ha un senso. L’autoefficacia è la percezione della capacità di gestire i problemi finanziari: si tende a credere che non si avranno difficoltà a trovare soluzioni, se qualcosa non andasse secondo i nostri piani. Se e quando succederà, mi inventerò qualcosa: e dunque non si pianifica.
Una fiducia in se stessi e nelle proprie capacità che appare connessa a migliori condizioni finanziarie e/o a un’eccessiva sicurezza. E infatti presentano livelli più elevati di autoefficacia finanziaria l’86% degli individui con reddito più elevato e il 64% di coloro che manifestano un’eccessiva fiducia in se stessi.
A che pro sapere tutto ciò? Perché non pianificare vuol dire non arrivare adeguatamente preparati alla pensione, al “dopo di noi” e – per quanto sembri a volte banale – agli eventuali imprevisti che possono presentarsi sul nostro cammino nell’arco di una vita. Non solo pianificazione finanziaria familiare, quindi, ma anche pianificazione in ottica previdenziale, assicurativa e successoria. Ebbene sì: una pianificazione a 360 gradi che, al contrario di quanto si possa pensare, non è affatto un’esclusiva dei grandi patrimoni. Anzi. E qui si apre un capitolo interessante.


Consulenti finanziari: una voce molto ascoltata da chi vi fa ricorso 

“L’associazione positiva tra fiducia nei consulenti finanziari e attitudine alla pianificazione sembra evidenziare che i professionisti possono guidare i clienti verso una migliore gestione delle proprie finanze”, si legge nel documento. In questo contesto, aggiungono gli autori e le autrici del quaderno, “i professionisti potrebbero incoraggiare gli investitori ad adottare un approccio a lungo termine alla gestione delle proprie finanze personali, offrendo un supporto e una guida adeguati”.
Un aiuto assolutamente importante, come quello del pianificatore finanziario, che ha un unico limite. Ad oggi la richiesta di consulenza finanziaria è più frequente tra chi ha un reddito più alto, mentre la tendenza generale è quella di affidarsi alla cosiddetta “consulenza informale” (familiari, amici e colleghi). Occorre quindi anche continuare a progettare programmi di educazione finanziaria.
Programmi educativi che dovrebbero trasmettere non solo nozioni finanziarie, ma pure tecniche di facile utilizzo e strumenti di gestione del budget personale e di pianificazione finanziaria. Dovrebbero inoltre includere tecniche motivazionali, come la definizione di obiettivi, che siano immediatamente applicabili. “Ciò aumenterebbe la percezione del controllo sul processo decisionale, senza promuovere un’eccessiva fiducia e l’illusione di potersela cavare in ogni caso senza competenze adeguate”.


Prima lezione finanziaria da portare a casa: non si può fare da soli

La sfida, a chiunque voglia prendere iniziative di alfabetizzazione finanziaria, è lanciata. E non è una sfida di poco conto. Si tratta di trasmettere ai risparmiatori-investitori strumenti utili a superate pregiudizi, preconcetti, ansie e paure, facendo però attenzione che non cadano nella trappola opposta ma ugualmente insidiosa: quella dell’eccessiva fiducia in se stessi, del “posso benissimo cavarmela da solo/a”. Premessa, spesso, di grandi e dolorose illusioni. Ed è forse questa la prima lezione che ogni risparmiatore deve imparare e portare a casa: non si può fare da soli.


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