Pianificazione e consulenza finanziaria sono le vere “killer application”
Quali sono le fonti cui attingono le famiglie italiane per informarsi nella gestione dei loro risparmi? A questo tema è dedicata una sezione, la terza, dell’ultimo Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, pubblicato dalla Consob . Se ne è parlato molto: i social media hanno scalato la graduatoria delle fonti di informazione più usate per orientarsi nelle scelte di investimento, battendo giornali cartacei e online.
La tendenza a ricorrere ai social è più accentuata fra i giovani, le donne e chi ha minori conoscenze di base in campo finanziario e minori disponibilità da investire. Purtroppo, però, il fenomeno aumenta l’esposizione al rischio di incappare in frodi finanziarie o di prendere decisioni d’investimento non consapevoli.
Questa, per quanto interessante, è solo una sezione dell’ampia indagine Consob. Vediamo allora quali altri passaggi possono offrire spunti di interesse a chi affianca gli investitori nella pianificazione e nella gestione delle finanze.
Giovani, laureati e redditi alti sono più “pazienti” sotto il profilo finanziario
Gli investitori, appunto. Domanda: sono disposti a rinunciare a qualcosa oggi per ricevere un beneficio in futuro? Ebbene, all’incirca il 20% del campione analizzato ha manifestato una più elevata preferenza per il beneficio da fruire nel lungo periodo.
La “pazienza finanziaria” non andrà per la maggiore, ma è interessante notare come una maggior sensibilità alla sfida della lungimiranza – che implica un’attenta pianificazione per il futuro – si sia riscontrata fra i giovani (18-34 anni), i laureati e i redditi più alti.
Quali obiettivi di investimento dichiarano gli investitori italiani?
Gli obiettivi di investimento maggiormente diffusi sono la protezione del capitale (81%) e i progetti personali per il futuro (70%). Quanto all’orizzonte temporale d’investimento, è incoraggiante vedere come esso tenda ad attestarsi prevalentemente sul medio-lungo termine, vale a dire fra i tre e i cinque anni (38%) e oltre i cinque anni (30%). La quota restante (32%) si focalizza invece sotto i tre anni.
Se sull’orizzonte temporale si consolida l’idea che bisogna guardare anche e soprattutto al futuro, le scelte d’investimento si confermano – per così dire – non ottimali. I prodotti finanziari più diffusi sono ancora i certificati di deposito e i buoni fruttiferi postali (48%), seguiti da titoli di Stato (39%), fondi comuni di investimento (36%), obbligazioni (35%), depositi vincolati e azioni (32%).
Tra i prodotti finanziari largamente meno presenti nei portafogli degli investitori retail italiani si attestano gli ELTIF (European Long-Term Investment Fund, ossia i fondi comuni d’investimento chiusi, alternativi e armonizzati), con un 2%, e i pronti contro termine (4%). Il grado di diffusione dei Piani Individuali di Risparmio (PIR) è del 7% circa.
A chi si affidano gli investitori quando devono valutare una decisione finanziaria?
Nel complesso, il 42% dei partecipanti all’indagine dichiara di assumere (almeno) alcune decisioni finanziarie in autonomia, mentre il 40% segue le indicazioni di un consulente finanziario o di un addetto della banca.
Il 32% segue i suggerimenti di parenti, amici, colleghi considerati non esperti (la cosiddetta “informal advice”), mentre il 9% si affida alle indicazioni di parenti, amici, colleghi che lavorano nel settore finanziario (“informal advice by expert”). Infine, il 6% circa delega le scelte finanziarie a intermediari, mentre solo il 3% segue i consigli dei social network, a dispetto dell’“appeal informativo” di cui questo canale sembra attualmente godere.
Come era emerso già in passato, gli investitori che si rivolgono al consulente possiedono più frequentemente fondi comuni di investimento (51%). La percentuale degli intervistati che detengono fondi scende invece al 30% tra quanti decidono in autonomia e al 28% laddove prevale la consulenza informale.
Il legame tra investitori retail e consulenti finanziari nel tempo
Se hanno un consulente, gli investitori retail tendono a confermare la scelta dell’intermediario di riferimento nel tempo. Il che è comprensibile, dal momento che nel 43% circa dei casi conoscono il loro referente per gli investimenti da oltre dieci anni. E fra chi invece deve sceglierne uno? Tra i fattori alla base della selezione, pesano più di frequente:
• la chiarezza (21%);
• l’attenzione ai bisogni del cliente (18%);
• l’affidabilità (19%);
• la disponibilità a seguire il cliente anche dopo la prestazione del servizio (16%);
• la competenza (18%).
Il ricorso alla consulenza tende a crescere con l’età, tenuto conto che prima di effettuare scelte di portafoglio richiede il consiglio dell’advisor:
• il 49% degli investitori tra i 65 e i 75 anni;
• il 48% tra chi ha un’età compresa fra i 55 e i 64 anni;
• il 32% nella classe di età tra i 18 e i 34 anni.
Le donne si rivolgono a un consulente (43%) più frequentemente degli uomini (39%). Merita infine una certa attenzione il fatto che “la ricerca del servizio di consulenza si associa spesso ad avversione al rischio (44%) e a più alte conoscenze finanziarie di base (44%)”.
L’importanza della pianificazione e della consulenza finanziaria
L’ultimo Rapporto Consob dedicato alle scelte di investimento delle famiglie italiane mette l’accento su due fattori chiave per la buona riuscita del risparmio: la pianificazione – rinunciare al soddisfacimento di uno sfizio oggi per un più importante progetto domani – e la consulenza finanziaria.
L’ennesima riprova di quanto affidarsi a chi ha esperienza possa risultare fondamentale in un mondo in continua evoluzione, e fare la differenza nel raggiungimento di ogni obiettivo di vita.