06 febbraio 2024

Perché la recessione non fa più paura?

Pubblicato in: Financial Advise

A Davos quest’anno l’umore è totalmente cambiato. In meglio. Se nel 2023 quasi tutti tra i partecipanti al World Economic Forum si aspettavano la recessione causata dalle tensioni geopolitiche, un anno dopo il clima è allegro, dinamico e ricco di buoni propositi. Tanto che la parola “recessione” non viene nemmeno citata.


La parola che inizia con la “R” non c’è più

Il motivo? Anche se le incognite sono rimaste, l’inflazione sta calando e l’economia ha mostrato una tenuta molto buona. Eppure, solo 12 mesi fa, a Davos quasi due terzi degli economisti prevedevano l’arrivo di una recessione globale, il 18% la riteneva estremamente probabile e solo un terzo manteneva dubbi sulla debolezza economica. A destare preoccupazione, allora, erano le tensioni geopolitiche, le strette monetarie incipienti e l’inflazione sostenuta.
Un anno dopo, fortunatamente, nella cittadina sulle Alpi Svizzere la narrazione è stata ben diversa, perché nonostante le tensioni geopolitiche siano persistenti, e addirittura peggiorate – oggi le guerre sono due e si rischia anche una terza – dal punto di vista economico e finanziario i numeri sono positivi: dai rialzi a doppia cifra delle Borse all’andamento dell’economia, fino all’“arcinemica” inflazione, che sembra finalmente battere in ritirata.


Attenzione, ora, a passare da un eccesso a un altro

E forse proprio sull’onda di questo ritrovato ottimismo si possono leggere le dichiarazioni di alcuni partecipanti. Uno su tutti è stato François Villeroy de Galhau, governatore della Banca di Francia, che, in uno dei numerosi dibattiti del WEF, si è esibito nell’elogio della bellezza sulla politica monetaria, sottolineando che finora il rialzo dei tassi è stato piuttosto efficace e che l’atterraggio morbido sta diventando una realtà.
“Ma siamo stati solo fortunati o siamo stati anche abili?”, si è domandato poi il banchiere francese. Una domanda retorica, che gli ha dato il là per una dettagliata spiegazione. “L’inflazione core è diminuita significativamente, nel nostro caso dal +5,7% al +3,4%, in entrambe le sponde dell’Atlantico il principale risultato della politica monetaria è stato ancorare le aspettative di inflazione e quindi impedire che gli shock energetici si riversassero sull’inflazione di beni e servizi, questa è una differenza enorme rispetto agli anni Settanta”.
Però – per usare la saggezza popolare di Giovanni Trapattoni, allenatore di mille battaglie e molti trionfi – meglio “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”: ora, infatti, si rischia di passare da un eccesso all’altro. Dal pessimismo all’opposto, dimenticando che le incognite sono ancora presenti sul tavolo.


Una saggia civetta tra falchi e colombe

Come ha ricordato Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, “abbiamo visto l’inizio di un periodo di normalizzazione dell’economia, che però andrà verso qualcosa che non è normalità”. Del resto, tra falchi e colombe che all’interno della BCE si combattono con minacce di tassi alti o promesse di imminenti e copiosi tagli, è importante avere “una civetta dotata di saggezza”.
Proprio così si era definita nel 2019 la stessa Lagarde, spiegando di non essere “né falco e né colomba”. E mai come in questo momento, con l’entusiasmo economico crescente e gli immutati rischi geopolitici, questa dote è utile per navigare in una normalità sconosciuta.


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