07 agosto 2019

Dai “lupi” a Draghi (e oltre): rischi e opportunità dello scenario attuale

Pubblicato in: Economia & Mercati

Si intitola “Lo scherzo del pastore” la favola di Esopo che tutti conoscono come “Al lupo, al lupo!”. La trama è nota: un ragazzo mandato dal padre a pascolare il gregge prova a vincere la noia lanciando l’allarme “Al lupo, al lupo!” per una, due, tre notti… Tutto il villaggio accorre per poi scoprire che l’allarme è falso; senonché, una notte, il lupo arriva sul serio ma nessuno risponde alle urla del fanciullo pensando sia l’ennesimo scherzo. La favola ricalca quello che viviamo sui mercati non solo in questi giorni ma da circa 10 anni. Che poi non è altro che una copia carbone di eventi che si susseguono e si ripetono a cadenza precisa. L’unica differenza tra quella di Esopo e l’attuale situazione “da favola” sui mercati è che nella prima l’allarme previene qualcosa che si teme arriverà mentre nella seconda gli allarmi vengono lanciati ripetutamente poiché si teme la replica di qualcosa di già vissuto: la crisi finanziaria del 2008.



Dobbiamo temere un altro “lupo”?

Nell’attuale sistema dei mercati finanziari, i “lupi” sono molti e si palesano in forme diverse. Il primo è quello geopolitico. In questi quasi 11 anni dallo scoppio della crisi, di potenziali pericoli ne abbiamo visti e conosciuti molti: dai numerosi attentati dell’ISIS alle tensioni con l’Iran e i Paesi collegati, fino al rapporto frastagliato che l’Occidente continua ad avere con la Corea del Nord. Ma l’insicurezza e la preoccupazione nel breve periodo possono provocare scelte sconsiderate ed errori madornali. Perché, a ben vedere, nel lungo termine – ovvero il periodo temporale che a noi più interessa – i fattori geopolitici di stress non hanno mai neanche scalfito la tendenza rialzista.

 


Dai grandi imprevisti ai dati economici

Il secondo lupo lo possiamo individuare negli eventi straordinari, sia esogeni sia endogeni ai mercati finanziari: Brexit, crisi del petrolio, attacco allo spread, referendum in Catalogna, elezione a sorpresa di Donald Trump alla presidenza USA e tutte quelle “minibolle” che, scoppiando, depurano dagli eccessi e permettono alla tendenza di continuare con più energia di prima. Ma è l’economia il lupo che fa più paura. Come abbiamo detto, siamo ormai quasi all’undicesimo anno di crescita economica consecutiva: stiamo sfiorando record storici ma nonostante questa sequenza impressionante, ogni anno, soprattutto nelle previsioni che gli economisti e le organizzazioni internazionali diffondono, sentiamo ripetere che una nuova crisi (leggasi: recessione) è alle porte. Allarme destinato poi, puntualmente, a rientrare.

 


Paura per la crisi che (forse) verrà

Infatti, a dispetto di quello che ogni volta anticipano le previsioni, si registra poi l’ennesimo anno di crescita globale. È vero, non tutto il mondo procede alla stessa velocità di crociera ma la media generale è di un robusto segno più che diventa sempre più felicemente contaminante. Questo accade anche perché si è superato il tradizionale “if/then/else” monetario, ovvero: "se l’economia corre, le banche centrali alzano i tassi d’interesse per moderarne la velocità; altrimenti, se l’economia frena, i tassi vengono tagliati per dare nuova spinta alla crescita." Invece oggi, nonostante i tassi siano a livelli eccezionalmente bassi – e in molte parti del mondo prossimi allo zero o addirittura inferiori malgrado un decennio di crescita consecutiva – si tende a ridurli ulteriormente con lo scopo di sostenere l’economia anche quando questa è, nei numeri, ancora robusta (+3,2% annuo l’ultimo dato del PIL statunitense). Però la crisi del 2008 fa ancora paura e si teme che torni. E c’è di nuovo la paura che la recessione colpisca improvvisamente come un fulmine, paralizzando l’intero sistema globale.



I sei fattori che stimoleranno la crescita

Allen Sinai, ex responsabile economico di alcune banche d’affari e da 20 anni a capo di Decision Economics, in una recente analisi ha ribadito che l’economia statunitense è forte e che potrà correre tranquillamente almeno fino al 2020. Un’analisi molto affidabile formulata da un esperto capace di elencare i sei fattori che consentiranno l’accelerazione della crescita. Il principale si chiama tecnologia. Ma tra questi sei fattori Sinai affida il ruolo determinante alla politica monetaria, che definisce “atipica e ultraespansiva”, sostenuta “dall’obiettivo dichiarato di raggiungere il pieno impiego e la stabilità dei prezzi”. Una politica monetaria che non si arrenderà finché non avrà raggiunto i suoi scopi. Ed è su questa politica che gli investitori contano, sollecitando – a volte con esagerazione – una maggiore generosità al grido di “al lupo, al lupo”. Anche quando il lupo non c’è.

 


Non solo politica monetaria USA

Recentemente, il presidente della BCE Mario Draghi ha avvisato i mercati che il Quantitative Easing è pronto per essere riutilizzato. “La cassetta degli attrezzi è sempre aperta”, aveva già ripetuto più volte. Dalle parole sta nuovamente passando ai fatti e i mercati finanziari non possono che gioirne. L’altra faccia della medaglia è il continuo rinvio del ritorno alla normalità, almeno per come l’abbiamo conosciuta in tutti questi anni. Il secondo ostacolo – l’effetto collaterale dei tassi a zero o sotto lo zero – è la rarefazione dei rendimenti che, non essendo più presenti negli strumenti considerati più sicuri, spingono gli investitori a prendere maggiori rischi. Ma come la pensiamo noi sui rischi è noto: farsi affiancare da un professionista in grado di diversificare proponendo strumenti, prodotti e servizi più adeguati alle diverse esigenze di clienti e risparmiatori è un valore oramai imprescindibile.

 


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