Italiani più attenti agli investimenti ESG, ma servono regole chiare
Gli italiani sono sempre più interessati agli investimenti ESG. Lo dichiarano gli stessi risparmiatori, ma lo notano anche i consulenti finanziari. È quanto emerge dal 2^ Rapporto Censis-Assogestioni intitolato “Gli italiani e la finanza sostenibile, per andare oltre la pandemia”, articolato in due indagini: una su un campione nazionale rappresentativo di 1.000 italiani maggiorenni e una su un panel di 270 consulenti finanziari. Obiettivo: capire la disponibilità degli italiani a investire i propri soldi nella transizione verso una società sostenibile ed elaborare soluzioni per andare oltre le criticità.
Una constatazione positiva a una prima scorsa dei risultati è che, su molti temi, domanda (cioè i risparmiatori) e offerta (ovvero i professionisti) si sono rivelate piuttosto allineate. Lato consulenti, è emerso che l’ 82,4% vede la propria clientela molto o abbastanza interessata ai prodotti ESG e che il 76,9% rileva un maggior interesse rispetto al periodo precedente alla pandemia di Covid-19. Di conseguenza, il 68,3% dei consulenti propone investimenti ESG con maggior frequenza e impegno rispetto a prima della pandemia.
Non solo ambiente
Lato risparmiatori invece, il 63,4% conosce o ha sentito parlare di prodotti ESG – specialmente da tv e radio (30,7%), social network (21,2%), web (16,5%) e quotidiani (14,1%). E il 52,5% sarebbe interessato a investire i propri risparmi in questo tipo di prodotti. A destare interesse è soprattutto la componente ambientale della sigla ESG (la E di environment, dunque), che prevale sugli aspetti sociali e di governance per il 52% degli intervistati. Una preferenza di cui il 90,7% dei consulenti si rende perfettamente conto. Avvicinare gli investitori a un’idea di sostenibilità che integri ambiente, sociale e governance risulta dunque fondamentale per contribuire all’evoluzione sostenibile della società italiana.
Quanto ai fattori determinanti nella scelta di acquistare o meno prodotti ESG, i professionisti identificano il titolo di studio nell’85% dei casi (più una persona è istruita, più si rivela propensa a investire in strumenti ESG), la professione svolta (79,3%) e l’età (78,9%), con i giovani tendenzialmente più attenti alla sostenibilità rispetto ai più anziani. E questa convinzione trova perfettamente riscontro nelle risposte fornite dai risparmiatori. Ci sono poi alcuni fattori che remano contro la diffusione degli investimenti ESG: dalla ridotta conoscenza dei prodotti (indicata dal 64,6% dei consulenti) alla generale diffidenza verso prodotti nuovi (23,5%).
Il ruolo chiave dei consulenti
Cosa bisogna fare allora per rendere i prodotti ESG ancora più noti e appetibili? Tanto per cominciare, limitare le pratiche di green washing. Sia i risparmiatori (84,6%) sia – seppur in percentuale minore – i professionisti (50%) evidenziano la necessità di una regolamentazione più chiara – e la Commissione Europea si sta già muovendo in questa direzione con la messa a punto del regolamento SFDR.
Il 42,9% dei consulenti riterrebbe utile, inoltre, l’introduzione di parametri – per esempio, degli indici – per misurare il rispetto degli obiettivi ESG da parte delle società destinatarie degli investimenti ESG,, mentre il 29% chiede criteri chiari per individuare i rischi di sostenibilità ovvero le condizioni che potrebbero avere un impatto negativo sull’investimento e il 28% invoca una definizione chiara e univoca del termine “sostenibilità”.
Dal canto loro, i risparmiatori sono favorevoli all’introduzione di benefici fiscali per incentivare la sottoscrizione di prodotti ESG (81,2%) e penalizzazioni per aziende e/o fondi di investimento che non rispettano le finalità ambientali e sociali attese (80,8%).
Tutti d’accordo, infine, sull’importanza della consulenza finanziaria: per il 75% dei risparmiatori, essa riveste un ruolo strategico nel sensibilizzare i clienti sui prodotti ESG, mentre il 75,7% dei professionisti ritiene utile attivare una formazione ad hoc sugli ESG così da rispondere con più efficacia alle esigenze dei clienti.
La liquidità non manca, ma va impiegata nel modo giusto
Va detto che le risorse da destinare agli investimenti sostenibili (e non solo) non mancano nelle tasche degli italiani. Nel primo trimestre del 2021, rileva il rapporto Censis-Assogestioni, il portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie è arrivato a quasi 4.900 miliardi di euro, il 10,9% in più, in termini reali, rispetto allo stesso periodo del 2020. Nello stesso periodo la liquidità delle famiglie è aumentata di 85,5 miliardi di euro (+5,7%), toccando la cifra record di 1.600 miliardi.
“Questi dati confermano il ruolo centrale del risparmio per la costruzione di un’economia più sostenibile e inclusiva”, ha commentato Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni. “I gestori di questo risparmio hanno molto lavoro da fare. Soprattutto se guardiamo all’ingente liquidità detenuta dalle famiglie italiane. Una risorsa a cui dare valore nell’interesse sia dei risparmiatori che del sistema economico del Paese. Guardiamo con attenzione ai timori per potenziali fenomeni di green washing e riteniamo positive le iniziative regolamentari, in particolare a livello europeo, come l’introduzione del Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), che se ben specificate consentiranno la massima trasparenza nei confronti del risparmiatore. Assolutamente centrale”, ha concluso Galli, “è in ogni caso il ruolo dell’educazione finanziaria, che consenta di acquisire maggiore consapevolezza riguardo alle opportunità e alla natura dell’investimento sostenibile”.
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