06 dicembre 2021

L’inflazione? È molto meglio di come la si dipinge

Pubblicato in: Economia & Mercati

“Nel destino della Gran Bretagna c’è un colpo di Stato militare”, recitava il titolo di un articolo apparso sul Times il 5 agosto 1974 a firma di Lord Chalfont, ministro della Difesa laburista. Ben rappresentava il clima di tensione, conflittualità e impoverimento che stava spingendo una delle potenze mondiali verso il declino. La Gran Bretagna, per un secolo intero leader nell’economia, nella tecnologia, nella politica internazionale, doti che le avevano permesso di arrivare a controllare un vasto impero, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta si è trovata improvvisamente sul ciglio di un burrone, tra perdita di competitività e conflitti fra sindacato e padronato.

Se la recentissima rappresentazione mediatica di camion fermi per la penuria di autisti, code ai distributori per una tanica di carburante e scaffali dei supermercati depredati impensierisce, è perché non sappiamo o non ricordiamo qual era il clima negli anni Settanta del secolo scorso. È quindi utile una breve ricostruzione storica.




Europa e Regno Unito negli anni Settanta

L’economia degli anni Settanta, in Europa ma soprattutto in Gran Bretagna, era caratterizzata dall’ingombrante presenza dello Stato nella vita economica pubblica e privata: pieno impiego o quasi, spesa pubblica in costante ascesa utilizzata per fini prevalentemente improduttivi (come eccessi nelle assunzioni pubbliche e vaste nazionalizzazioni) e soprattutto una forte dipendenza energetica verso Paesi di dubbia affidabilità politica.

Un sistema che si poteva definire rigido e poco incline ad attutire eventuali imprevisti e crisi: e infatti, al primo ostacolo – in quel caso, la crisi energetica – il sistema mostrò i suoi limiti. Nelle fabbriche si scatenò il conflitto tra operai e imprenditori, con licenziamenti e forte calo della produttività (dovuto anche alla diminuzione della domanda). Per tamponare, lo Stato aumentò i salari. Decisione, questa, che insieme all’aumento dei prezzi di energia e alimentari contribuì al balzo dell’inflazione. Con conseguente impoverimento del ceto medio.

La fine del decennio non segnò la fine della crisi: nel 1979 la temperatura dei prezzi in Gran Bretagna raggiunse il 18%, in Italia superò addirittura il 20%, mentre i tassi d’interesse oltrepassarono le due cifre, e infatti ricordiamo i rendimenti dei Bot al 15% annuo. Si è dovuto attendere la metà degli anni Ottanta per assistere al picco e al successivo scollinamento.




Come siamo messi oggi?

Siamo nella stessa situazione, o peggio? Rischiamo una spirale economica negativa che ci riporti ai “terribili anni Settanta”?


Secondo l’economista Ed Yardeni, il paragone con gli anni Settanta è assurdo e fuori luogo, perché – parole sue – “l’inflazione, nel mondo come in America, sta conoscendo un’impennata temporanea che presto rientrerà: piuttosto, il vero retaggio di questa fase così difficile sarà l’incremento della produttività, che è marcato e sarà duraturo”.

Ed Yardeni non è uno dei tanti e, al contrario, ha un curriculum di tutto rispetto: nel 2020 ha pubblicato una raccolta riassuntiva di quattro decenni di attività sul campo titolandola “Fed watching for fun and profit”, titolo che esprime chiaramente il suo spirito e il suo punto di riferimento.

Ebbene, Yardeni crede fortemente nell’opera della Fed ed è convinto che, a differenza degli anni Settanta, stavolta sarà molto paziente e comprensiva, perché le condizioni economiche e sociali sono diverse, così come diverse sono la causa scatenante e le condizioni del mercato del lavoro. In più, a differenza di 50 anni fa, oggi competenze e innovazioni tecnologiche sono di gran lunga superiori, e sul mappamondo dell’economia si muovono potenze economiche che prima erano dormienti.




La parola chiave è “globalizzazione”

Oggi il mondo è interconnesso e l’economia ha un motore molto più potente, formato da pistoni che si chiamano Cina, India, Brasile, Sud Est asiatico e via dicendo. Aree e Paesi che contribuiscono a una grande fetta di Pil globale. Per quanto riguarda le cause della crisi, negli anni Settanta una crisi geopolitica mise alle corde un sistema economico e sociale troppo rigido e incapace di attutire i traumi. Oggi, invece, la causa scatenante è un’altra e, se vogliamo, molto meno grave. Anzi, potremmo definirla favorevole.

Perché il rialzo dei prezzi è dovuto a un eccesso di domanda che non viene soddisfatto da un’offerta che era impreparata a questa ondata di acquisti. Per semplificare, possiamo dire che il paziente economico ha molto appetito, ma il cibo ancora scarseggia. E se anche in futuro il prezzo potrà salire, il paziente non si spaventerà e continuerà a comprare. Per quanto riguarda le condizioni del lavoro, siamo agli antipodi: tanto erano rigide negli anni Settanta, quanto sono flessibili oggi.

Il rialzo dei prezzi è un processo in cui diversi comportamenti si sommano. E uno dei fattori più importanti è proprio il lavoro, inteso come aumento salariale. Se i salari non salgono vigorosamente, come non sta accadendo appunto per eccesso di offerta di lavoro, l’inflazione non diventa una minaccia.




Transizione energetica e nuova rivoluzione industriale

Secondo l’efficace metafora dell’economista Paul Krugman, è come quando si riparte velocemente dopo lo stop a un semaforo: può succedere che le ruote girino a vuoto sfrigolando sull’asfalto. Così, in un’economia che riparte la domanda di materie prime schizza verso l’alto, premendo sui prezzi.

Il mondo ha risparmiato tanto durante la pandemia, in termini di energie fisiche e denaro, e con la riapertura verso una nuova normalità ha scatenato quest’energia tutta in un colpo. La domanda ha stordito l’offerta, ma sarà solo uno shock temporaneo. Come temporaneo potrebbe essere l’eccessivo rialzo dei prezzi delle materie prime.

La Gran Bretagna degli anni Settanta risolse la crisi con l’avvento di Margaret Thatcher, la quale trasformò il Paese attraverso una profonda riforma dell’economia e della società, che consistette principalmente nella riduzione della presenza pubblica a favore dell’iniziativa privata. Una liberalizzazione che trasformò il Paese in una fonte globale di servizi.

L’Italia, dal canto suo, produce ottimi manufatti ma è carente in fatto di materie prime e, dovendo importarle, quando i prezzi si alzano offre sempre il fianco alla sofferenza. Oggi, però, la transizione energetica ci offre una grande opportunità. E in più, rispetto agli anni Settanta, abbiamo una pioggia di denaro in arrivo dall’Europa, che con il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dovremmo saper utilizzare nel migliore dei modi per consentire al nostro Paese di trovarsi nelle migliori condizioni per affrontare la prossima rivoluzione industriale.




L’inflazione? Oggi più che mai un’opportunità

Abbiamo il futuro nelle nostre mani, questa volta il rialzo dei prezzi è un’opportunità di trasformazione, non l’ostacolo che ci fa cadere. Dipende solo da noi e dalle nostre capacità, industriali e d’investimento.

L’inflazione è un nemico soprattutto per il risparmiatore che lascia i soldi fermi sul conto corrente rendendoli improduttivi. Al tempo stesso, può essere vista come uno stimolo: l’unico modo per evitare l’erosione del denaro, infatti, è muoverlo. E quindi investirlo. Che è anche il modo migliore per sostenere l’economia dell’Italia, sempre meglio indirizzata lungo il sentiero della crescita strutturale.



Approfondimenti sulla pianificazione finanziaria

Investimenti online 
Protezione 
Previdenza 
Family Banker: professionisti della consulenza finanziaria 


AVVERTENZA LEGALE: questo è un foglio di informazione aziendale con finalità promozionali che riflette le analisi, effettuate da Banca Mediolanum, sulla base dell’attuale andamento dei mercati finanziari il cui contenuto non rappresenta una forma di consulenza nè un suggerimento per gli investimenti.
NOTA DI REDAZIONE : gli argomenti sono frutto di elaborazione interna.
Messaggio pubblicitario con finalità promozionale.
Le informazioni riportate non devono essere intese come una raccomandazione, diretta o indiretta, o un invito a compiere una particolare operazione. Per verificare le soluzioni più adatte alle tue esigenze e adeguate al tuo profilo di investitore rivolgiti sempre al tuo Family Banker.