Incentivi fiscali, PIR cruciali per lo sviluppo delle PMI italiane
Gli incentivi fiscali e le agevolazioni introdotte di recente per chi investe in PMI innovative e startup – che riconoscono alle persone fisiche “non imprenditori” una detrazione Irpef dal 30% al 50% dell’investimento – vanno nella giusta direzione: quella di facilitare l’accesso al capitale finanziario da parte delle imprese di piccole dimensioni.
Lo sostiene Assogestioni, evidenziando come questa impostazione sia in linea con l’obiettivo fondamentale di PIR e PIR alternativi, che puntano appunto a far convogliare il risparmio verso i settori produttivi e a sostegno delle piccole e medie imprese.
Ma affinché gli incentivi agli investimenti in PMI funzionino al meglio, sarebbe importante ampliare la platea degli investitori che vi hanno accesso ed evitare di cambiare continuamente le regole del gioco, in modo da garantire una certa stabilità, sottolinea ancora l’associazione italiana del risparmio gestito.
Incentivi fiscali e PIR, una storia travagliata
Concentrandosi poi sui PIR, Assogestioni evidenzia come questi strumenti risultino cruciali per lo sviluppo delle piccole e medie imprese italiane e come la normativa attuale consenta finalmente di sfruttarli al massimo delle loro potenzialità, dopo alcuni problemi che ne avevano momentaneamente congelato lo sviluppo.
“Dal primo gennaio 2020 sono stati rivisti i vincoli di investimento introdotti dalla Legge di Bilancio 2019. In particolare, i due vincoli – quello di investire almeno il 3,5% del valore complessivo del piano in strumenti finanziari di PMI ammesse alle negoziazioni sui sistemi multilaterali di negoziazione e quello del 3,5% in quote o azioni di fondi di venture capital che investono prevalentemente in PMI non quotate – sono stati sostituiti con un unico vincolo del 3,5% del valore complessivo del piano da investire in strumenti finanziari di imprese non quotate o di imprese quotate non incluse nell’indice FTSE MIB e FTSE Mid Cap”, ricorda Arianna Immacolato, direttore fisco e previdenza di Assogestioni, in audizione alla decima Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati.
“Questo cambiamento ha riportato la struttura di investimento dei PIR vicina alla formulazione originaria consentendo la riapertura delle sottoscrizioni ai PIR lanciati nel biennio 2017-2018 che, con i vincoli introdotti dal primo gennaio 2019, si erano trovati nell’impossibilità di operare per tutto il 2019”.
Incentivi fiscali: l’arrivo dei PIR alternativi
Non solo. “Con l’articolo 136 del decreto Rilancio del maggio 2020 sono stati introdotti, a fianco dei PIR tradizionali, i cosiddetti PIR alternativi che – analogamente a quanto accade in altri Paesi, come Francia e Regno Unito – permettono di investire in segmenti di mercato più illiquidi”, come la concessione di prestiti e l’acquisizione di crediti delle imprese. I PIR alternativi, proprio come quelli tradizionali, sono dei contenitori che possono assumere varie forme, a patto che rispettino i vincoli di investimento stabiliti dalla normativa. Tuttavia, “considerato l’oggetto di investimento tipicamente illiquido, si prestano soprattutto a essere realizzati tramite Eltif, fondi di private equity, di private debt e di venture capital per i quali non sussistono i problemi di liquidità tipici dei fondi aperti”, precisa Immacolato.
L’agevolazione fiscale prevista per gli investitori (persone fisiche) è più generosa rispetto a quella prevista per i PIR ordinari, perché “oltre all’esenzione da tassazione dei redditi finanziari generati dagli investimenti (300.000 euro annui e 1.500.000 di euro complessivi) e l’esenzione dall’imposta di successione, viene riconosciuto un credito d’imposta pari alle minusvalenze su strumenti finanziari detenuti per almeno cinque anni nel piano”.
Questo credito d’imposta, introdotto con la Legge di Bilancio 2021, spetta però solo a condizione che gli strumenti finanziari siano acquistati entro il 31 dicembre 2021 nell’ambito di un PIR aperto dal primo gennaio 2021.
L’ampia formulazione della disposizione sui PIR alternativi, prosegue Immacolato, permette a questi strumenti di investire anche in startup innovative o PMI innovative. In questo caso, le agevolazioni fiscali previste per i PIR alternativi si aggiungono a quelle specifiche per gli investimenti in startup innovative o PMI innovative.
Incentivi fiscali e PIR: le linee della Commissione UE
È un’impostazione efficace? Assogestioni ritiene di sì, dal momento che gli incentivi esistenti in Italia su PMI e startup innovative rispondono pienamente alle misure di incentivo suggerite per il settore dalla Commissione Ue, e cioè:
• un incentivo fiscale nella fase di investimento iniziale;
• l’esenzione dei proventi provenienti dall’investimento;
• un regime di recupero delle perdite subite agevolato rispetto a quello ordinario.
“Se raffrontiamo le linee guida della Commissione con quanto previsto ad oggi nel nostro ordinamento, gli elementi indicati sono tutti presenti. Per le persone fisiche che investono con i PIR alternativi in startup e PMI innovative il quadro normativo è desiderabile ed efficace”, afferma Immacolato.
Due auspici per il futuro
Assogestioni auspica però un allargamento della platea di investitori che possano accedere al mercato dei capitali privati. “A tal fine si attendono gli esiti della consultazione del ministero dell’Economia sulle proposte di modifica al decreto 30 del 2015 sulle condizioni di accesso degli investitori non professionali ai fondi di investimento alternativi riservati”.
Inoltre, sottolinea ancora l’associazione, sarebbe importante che gli incentivi fiscali agli investimenti in PMI e startup fossero piuttosto stabili nel tempo e non modificati continuamente: “frequenti cambiamenti nel disegno e/o nell’entità degli incentivi minano la fiducia degli investitori che, dovendo effettuare un investimento a lungo termine, sono particolarmente sensibili alla certezza del quadro normativo di riferimento degli incentivi fiscali riconosciuti, in quanto riducono sensibilmente il rischio di investimento”, rileva Immacolato.
“Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, siamo dell’avviso che lo schema di incentivi fiscali previsti dal legislatore italiano per favorire gli investimenti in PMI e startup innovative abbia già in sé tutte le caratteristiche per poter essere considerato efficace. Eventuali modifiche potrebbero essere introdotte solo per potenziare e rendere più fruibili le misure già esistenti”, conclude l’esperta.
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