13 gennaio 2019

Il volto “sociale” del private banking

Pubblicato in: Financial Advise

Può il private banking arrivare a rivestire un ruolo sociale per la collettività? La risposta è sì, nella misura in cui i professionisti del settore riescono a convogliare gli investimenti dei loro facoltosi clienti a sostegno dell’economia reale del Paese – sia pur nel rispetto dei due pilastri fondativi del mandato fiduciario ricevuto, ovvero la diversificazione degli investimenti e la ricerca di rendimento. È quanto emerge da una ricerca voluta da Aipb (Associazione italiana private banking) e condotta da Censis, con l’obiettivo di verificare il sentiment degli italiani nei confronti della ricchezza, dei modi in cui è stata generata e del suo utilizzo.


L’opinione degli italiani
Ebbene, la maggioranza della popolazione sostiene che i patrimoni finanziari siano una risorsa, e non sostanze sottratte egoisticamente alla collettività. Il 52,4% degli intervistati pensa che la ricchezza sia un’opportunità se investita bene e in molti vedono la popolazione benestante con ammirazione, rispetto ed emulazione, anche se un 13,5% afferma di provare invidia e un 48,8% indifferenza. Di più: il 45,7% si dice addirittura favorevole a ridurre le tasse sui grandi patrimoni, almeno sulle quote investite per favorire la crescita dell’economia reale. Quanto all’opinione sui professionisti che offrono servizi di consulenza finanziaria a persone con grandi patrimoni, ben il 79,6% degli italiani ritiene che i private banker siano utili, sempre a patto che riescano a indirizzare gli investimenti con positivi effetti per la collettività e il benessere di tutti.


Ma cosa pensano i clienti private?
Un buon 73,5% è dell’idea che l’investimento giusto debba generare valore anche per il proprio Paese. Per il 70,4% deve avere ricadute positive su occupazione e redditi, per il 64,8% deve valorizzare i territori e le comunità di appartenenza, per il 59,5% deve essere socialmente responsabile, tutelare l’ambiente e favorire la qualità della vita delle persone. E per due terzi dei detentori di grandi patrimoni, il private banker rappresenta la figura di riferimento quando si tratta di prendere decisioni di investimento. Il professionista diventa dunque l’anello di congiunzione tra le ricchezze private, per le quali deve garantire un giusto rendimento, e gli impieghi a favore del sistema economico e sociale del Paese.


Uno sguardo all’imprenditoria
Nell’ambito dello studio non poteva mancare poi uno sguardo al mondo dell’imprenditoria, colonna vertebrale dell’economia italiana. Ne è emerso che l’85% degli imprenditori conosce i servizi di private banking e che il 36% si affida proprio a un private banker per essere reindirizzato agli esperti giusti per diversi problemi. Ancora, il 27,7% riceve dal private banker soluzioni ad hoc e tailor made per ogni sua esigenza. Quanto invece al delicato tema del passaggio di un’azienda da una generazione a quella successiva - spesso fonte di crisi per l’impresa stessa, i dipendenti e le comunità - al momento oltre la metà degli imprenditori (50,3%) non ha ancora pianificato la trasmissione agli eredi del proprio patrimonio personale e aziendale. Di questi, il 32,2% tende a rimandare e il 18,2% non è interessato a cosa accadrà quando non ci sarà più. I principali timori citati sono l’incapacità di garantire la continuità aziendale, la possibilità di scontentare qualche erede e il rischio di non riuscire a individuare il sostituto adatto.


Gli spazi per crescere ci sono
“Nell’analisi delle scelte di investimento della clientela private, il report restituisce la descrizione di un gruppo sociale che, in un quadro economico finanziario globale, esprime comunque un’attenzione al proprio Paese, di cui dobbiamo tenere conto”, osserva il presidente di Aipb, Fabio Innocenzi. “I passaggi generazionali, rilevanti per la categoria dei clienti imprenditori, mostrano invece ampi spazi di intervento per il private banking che, attraverso servizi di wealth management, può affiancare l’imprenditore nella scelta di soluzioni che salvaguardino la continuità aziendale da un lato e il patrimonio familiare dall’altro, con benefici per la proprietà, ma anche per la collettività”.


NOTA DI REDAZIONE : gli argomenti, le immagini e i grafici sono frutto di elaborazione interna.

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