Qual è il segreto della ripresa cinese?
Soltanto un anno fa, sembrava che il coronavirus fosse un problema prettamente cinese e la città di Wuhan, fino ad allora semisconosciuta, era diventata il simbolo di un’epidemia capace di fermare la corsa del Paese del Dragone verso il titolo di prima potenza mondiale.
Dodici mesi più tardi, la Cina è l’unica grande economia a mettere a segno una crescita del Pil positiva nel 2020 (+2,3% nell’anno, +6,5% nel solo quarto trimestre): primo Paese a uscire dalla crisi, Pechino ha lasciato dietro di sé il mondo occidentale, ancora alle prese con la gestione dei contagi e le conseguenze economiche dei lockdown, riuscendo a conseguire la tanto agognata ripresa a “V”.
E ha archiviato il 2020 con l’annuncio – diffuso direttamente dal tg della rete nazionale – di aver “sconfitto la povertà assoluta” nel Paese, perfettamente in linea con l’obiettivo fissato dall’attuale leader Xi Jinping all’inizio del suo mandato, nel 2012.
Com’è stato possibile?
Tanto per cominciare, ci sono settori che non si sono mai fermati – prima tra tutti la tecnologia, di cui la Cina attraverso i suoi colossi è sia produttrice che esportatrice. Inoltre, c’è l’economia interna fatta di produzione di acciaio e cemento, materiali usati per la costruzione, un altro motore economico del Paese. Sono tutte attività che hanno permesso di contenere l’iniziale recessione e, una volta superata l’emergenza sanitaria, hanno permesso di spingere l’economia interna e aumentare il surplus nella bilancia commerciale.
Ma scavando più a fondo, il fattore che ha davvero consentito alla Cina di cambiare passo – non oggi, ma negli ultimi 20 anni, da quando il Paese ha fatto il suo ingresso nella World Trade Organization (WTO) – è la globalizzazione economica: un ottimo strumento per la diffusione del benessere, dello sviluppo e della crescita generalizzata.
Sedendosi al tavolo del commercio mondiale, la Cina ha offerto all’Occidente preziosa manodopera, territorio e attrezzature, prendendo in cambio conoscenze e agevolazioni all’esportazione.
La strada è ancora lunga
A volte queste forme di agevolazioni hanno creato attriti, situazioni di tensione che sono state però contenute e limitate – anche perché la Cina sa bene che la globalizzazione e il libero scambio portano uno stato di grazia che è meglio conservare nel tempo.
Nella sua storia, infatti, la Cina è già stata un impero, una potenza mondiale, ma ha perso la sua posizione di dominio economico proprio a causa della chiusura delle frontiere e del protezionismo.
Per non commettere gli stessi errori del passato, oggi il Paese dovrà concedere qualcosa, e soprattutto aiutare le grandi economie occidentali ancora in difficoltà a superare la recessione dovuta al Covid. E – parallelamente – dovrà lavorare per costruire una società più resiliente, verde e inclusiva.
Si tratta di passaggi che necessitano di tempo, ma che l’attuale leader Xi Jinping sta già mettendo in agenda. Per l’anniversario che cadrà quest’anno – i 100 anni del comunismo cinese (1921-2021) - si attendono annunci importanti. Anniversario che, secondo il calendario cinese, cadrà sotto il segno del Bufalo, simbolo della forza d’animo e dell’amore per il duro lavoro, un segno che favorisce l’ambito economico e la sua espansione.
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