Un momento decisivo per l’Europa
Nei suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump è riuscito a suscitare il caos, sui mercati e non solo. Tanto da attirarsi critiche talvolta feroci. Tra queste, ne spicca una: quella, cioè, di aver creato, con i dazi, le condizioni affinché i mercati globali trattino gli USA come un mercato emergente problematico.
L’ipotesi ha fatto discutere in parte per il suo contenuto, in parte per la fonte autorevole da cui proviene: a pronunciarla, in un tweet più ampio, è stato infatti Lawrence H. Summers, celebre economista statunitense ed ex segretario al Tesoro della presidenza Clinton.
“Gli sviluppi delle ultime 24 ore suggeriscono che potremmo essere diretti verso una grave crisi finanziaria, interamente provocata dalla politica tariffaria del governo statunitense. I tassi d’interesse a lungo termine stanno salendo, nonostante il mercato azionario si muova bruscamente al ribasso. Questo andamento insolito suggerisce un’avversione generalizzata verso gli asset statunitensi sui mercati finanziari globali. Siamo trattati dai mercati finanziari globali come un mercato emergente problematico.”
Larry Summers, 9 aprile 2025
Va detto, per completezza, che Summers è stato anche il principale fautore dell’entrata della Cina nel WTO (l’Organizzazione del Commercio Internazionale), 25 anni fa. Una mossa che allora fu accolta come una grande apertura commerciale e di integrazione sociopolitica, ma che con il tempo, anche a causa di una difficile gestione, si è rivelata un’iniziativa produttrice di diseguaglianze numeriche e strutturali.
Il commercio internazionale da Summers a Trump
L’idea di Summers era quella di creare un continente immaginario – che gli economisti avrebbero poi chiamato “ChinAmerica” – con le due potenze vincolate da un contratto commerciale non scritto che le rendeva in sostanza un’unica società: la Cina produceva, gli USA consumavano, il tutto finanziato da Pechino attraverso l’acquisto di gran parte del debito statunitense (sotto forma di T-bond). Un progetto chiaro, potenzialmente profittevole, che però è deragliato con i dazi di Trump, fino a quella che oggi viene definita una “guerra commerciale” tra Cina e Stati Uniti.
Perché Trump ha fatto saltare gli accordi creati a suo tempo da Summers? Sebbene i modi siano sicuramente discutibili, potrebbe esistere una certa razionalità nell’apparente “follia” della nuova amministrazione statunitense. Per capirla, bisogna guardare alla situazione degli USA: se alla fine della presidenza Clinton gli Stati Uniti si trovavano in una situazione di surplus di bilancio, oggi il Paese è alle prese con un debito pubblico di ben 38 trilioni di dollari e con titoli di Stato da rinegoziare nei prossimi quattro anni (11 trilioni solo nel 2025).1
Gli obiettivi dell’amministrazione Trump
Il presidente Trump vuole ridurre questo enorme debito, e lo vuole fare frenando il consumatore statunitense, che con le sue spese folli continua a finanziare la Cina. Al tempo stesso, cerca di tenere i tassi bassi (per avere meno spesa su interessi e rifinanziare al meglio i titoli di Stato) e attrarre capitali. Su quest’ultimo punto grava uno dei maggiori problemi, perché la Cina minaccia di vendere i suoi T-bond e il Giappone, che è uno dei più importanti sottoscrittori di debito USA, tentenna.
Ma davvero il rischio paventato da Summers – un “mercato USA trattato come mercato Emergente” – può diventare realtà? Non è così semplice. In un mondo globalizzato, le difficoltà di un Paese potente come gli USA si riverserebbero su tutto il mondo, e questo non conviene a nessuno. Inoltre, anche se il pensiero comune ritiene che sia la Cina il più grande detentore di debito USA, in realtà oggi il più grande compratore di T-bond è l’Europa.
L’Europa può fare da ago della bilancia
Questo ci dice una cosa molto importante: il Vecchio Continente ha l’opportunità di essere l’ago della bilancia, sia per migliorare le sue condizioni di interscambio con gli USA, sia per porsi come mediatore con la Cina. L’Europa, insomma, ha l’occasione di diventare adulta.
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