Fondi pensione, un 2023 da incorniciare
È stata un’ottima annata per i fondi pensione. Sono saliti i rendimenti, tutti oltre il 10%. Sono aumentati gli iscritti, in particolare i giovani. Sono cresciute le risorse accumulate in questi strumenti. Insomma, aumenta in generale la consapevolezza degli italiani circa la necessità di ricorrere alla previdenza integrativa. E questa è senz’altro una buona notizia. In pillole, ecco i principali dati illustrati a giugno alla Camera dei Deputati da Francesca Balzani, presidente della COVIP, in occasione della presentazione della Relazione annuale.
Il report della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione descrive un 2023 da incorniciare per la previdenza complementare. Alla fine dell’anno scorso i fondi pensione in Italia erano 302: 33 fondi negoziali, 40 fon-di aperti, 68 piani individuali pensionistici (PIP) e 161 fondi pensione preesistenti. Gli iscritti sono aumentati soprattutto tra chi sceglie fondi negoziali (+5,4%) e fondi aperti (+5,9%), mentre nella categoria PIP l’incremento è stato dell’1,7%.
Resta il gender gap, aumentano i giovani
A livello di genere, resta una predominanza maschile. Gli uomini rappresentano infatti il 61,7% degli iscritti. Il gap è maggiore sui fondi negoziali (72,7%), minore nei fondi aperti e nei PIP (dove le donne sono rispettivamente il 42,6% e il 46,6%). Colpisce la dinamica che coinvolge coloro che hanno meno di 34 anni di età. La componente giovane che investe in fondi resta bassa, ma negli ultimi anni sta aumentando con costanza: è passata dal 17,6% del 2019 al 19,3% del 2023.
Il fenomeno, spiega la Commissione, dipende soprattutto da un fattore. Non tanto quello dei giovani economicamente indipendenti, che aderiscono da lavoratori a forme di previdenza complementare: più che altro qui stiamo parlando di genitori che decidono di aprire una posizione per il figlio a carico, consapevoli che un’integrazione all’assegno pensionistico, un domani, sarà necessaria. E che, quando il ragazzo o la ragazza avrà un lavoro, continuerà a versare nel fondo .
Resta invece invariata la fotografia regionale, con maggiori adesioni ai fondi nelle regioni settentrionali rispetto al Centro e al Sud Italia. “Donne, giovani, lavoratrici e lavoratori delle aree meridionali continuano a essere meno presenti nel sistema della previdenza complementare; anche perché più fragili nelle loro condizioni di occupazione”, ha sintetizzato COVIP nel suo rapporto sottolineando l’importanza del fattore economico.
Allo stesso modo non cambia la tendenza che spinge le persone a investire maggiormente con l’avanzare dell’età. Nel 2023 il tasso di partecipazione alla previdenza complementare è stato del 27,4% tra i 15 e i 34 anni, del 32,8% nella fascia compresa tra 35 e 44 anni, per poi salire al 36% tra i 45 e i 54 anni, e al 45% tra 55 e 64 anni.
Il numero di persone che aderiscono cresce per tutte le categorie anagrafiche. Mentre quella dei giovani negli ultimi cinque anni è aumentata del 6%, però, le altre fasce di età sono salite meno, tra il 3,5% e il 4%. Segno che la dinamica, anche se lentamente, forse si sta modificando.
Rendimenti a doppia cifra e attenzione all’azionario
Tutto questo, differenze anagrafiche e geografiche a parte, ha portato a un incremento dei contributi incassati, saliti in generale del 5,2%, a quota 19,2 miliardi di euro. La crescita ha riguardato tutte le forme pensionistiche complementari:
• nei fondi negoziali sono stati raccolti 6,5 miliardi di euro (+7,7%);
• nei fondi aperti 3,1 miliardi (+7,4%);
• nei PIP “nuovi” 5,1 miliardi di euro (+2,3%);
• nei fondi preesistenti 4,3 miliardi di euro (+3,8%).
Il 2023 è stato anche un anno di guadagni in Borsa, a tutto vantaggio dei sottoscrittori. “Nel 2023 la dinamica positiva dei mercati finanziari si è riflessa sui rendimenti di tutte le tipologie di linee di investimento, recuperando le perdite subìte nell’anno precedente” , ha scritto infatti la COVIP. Il rimbalzo del 2023 ha por-tato rendimenti a doppia cifra in tutti i tipi di fondo.
I comparti azionari hanno registrato le performance migliori, con guadagni annuali medi pari al 10,2% nei fondi negoziali, all’11,3% in quelli aperti e all’11,5% nei PIP. Sebbene inferiori a quelli dell’azionario, anche nei comparti bilanciati e in quelli obbligazionari i rendimenti sono stati positivi.
Il risultato è che, alla fine del 2023, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari hanno raggiunto 224,4 miliardi di euro, in crescita del 9,1% rispetto all’anno precedente. Il totale rappresenta il 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane: una quota sempre più importante.
Ridisegnare il paradigma della previdenza: gli italiani sono pronti?
D’altra parte, i numeri parlano chiaro, soprattutto per chi sceglie l’azionario e si concede un orizzonte temporale medio-lungo per valutare i rendimenti: come ha ricordato la COVIP, tra il 2013 e il 2023 i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si collocano, per tutte le tipologie di for-me pensionistiche, tra il 4,2 e il 4,5%.
Quasi il doppio del tasso di rivalutazione del TFR, che nello stesso periodo è stato pari al 2,4%. Il che ci ricorda come, per una migliore pianificazione degli investimenti anche in vista della futura pensione, occorre allargare lo sguardo ben oltre le tradizionali soluzioni, come può essere appunto il TFR lasciato in azienda.
Occorre ridisegnare il paradigma pensionistico. E una buona consulenza può essere la chiave che porterà gli italiani a farlo.