
Fed, tornano i tagli: quale scenario ci attende?
Anche per la Fed è finalmente arrivato il momento tanto atteso del taglio dei tassi. A sorprendere gli investitori, a settembre, è stata l’entità. Alcuni la ritengono una misura di prevenzione, altri una mossa d’emergenza per evitare una recessione imminente. Perché passano gli anni, ma l’unico vero rischio per le Borse resta sempre quello della recessione. Procediamo per gradi.
Il vero significato della “ricalibratura” del presidente Fed Jerome Powell
Secondo la Treccani, per comprendere il significato di “ricalibrare” dobbiamo rifarci a “ricalibratura”, l’operazione mediante la quale si ripristina il calibro originario dei bossoli d’artiglieria già usati. Cosa c’entra con l’economia e i mercati? Secondo gli esperti di Barron’s, c’entra perché, più del maxi-taglio della Fed (50 punti base) del 18 settembre, è questa la vera novità emersa dalla conferenza stampa del presidente della Federal Reserve Jerome Powell successiva al meeting.
“Nel descrivere la decisione del FOMC di abbassare il tasso dei fondi federali di mezzo punto percentuale”, dicono, “il presidente Jerome Powell nella sua conferenza stampa ha usato il termine ‘ricalibrare’ circa 10 volte” . Per quanto il suo significato possa risultare antipatico, soprattutto in questi tempi piuttosto turbolenti, per descrivere l’atteggiamento delle banche centrali questa parola è la più adatta.
Da diverso tempo si parla di battaglie contro l’inflazione. Ora siamo in presenza di un cambio di scenario, perché, come ha annunciato Powell, è venuto il momento di “ricalibrare” la politica monetaria: dall’attenzione massima per il caro prezzi siamo passati alla crescita economica, e in particolare all’occupazione. Ciò è dovuto alla mission della Fed che, a differenza della BCE, ha un doppio mandato: la stabilità dei prezzi e la crescita economica.
Perché una scelta così drastica, se nell’economia USA va tutto bene?
Il giorno dopo il meeting Fed, i dati hanno segnalato un forte calo nei sussidi e un robusto aumento sulle vendite al dettaglio. Inoltre, i dati pubblicati giovedì 26 settembre hanno mostrato sussidi ai minimi da maggio. Il maxi-taglio della Fed rischia ora di diventare un boomerang, perché il mercato si chiede: se nell’economia USA va tutto bene, perché effettuare una scelta così drastica?
È vero che Powell da Jackson Hole aveva preparato il mercato (“è ora di tagliare i tassi” ) ma, con un’economia ancora robusta, pochi si sarebbero aspettati una mossa così energica. I dubbi sorgono a causa delle dinamiche di mercato: i tassi d’interesse sono leve a cui si fa ricorso per frenare o per spingere il ciclo economico. Sono il bazooka che, a seconda delle necessità, viene orientato contro i principali nemici del ciclo, cioè inflazione o recessione.
Essendo l’inflazione un problema in fase di archiviazione, gli occhi e i tormenti sono tutti per la recessione, quella che l’ex presidente Fed Ben Bernanke ha sempre definito il vero pericolo per i mercati, una conclusione a cui è giunto anche Il Sole 24 Ore nell’articolo del 20 settembre dal titolo “I tagli Fed? Per Wall Street conta più il PIL: nella storia la Borsa sale se non c’è recessione”.
“Soft landing” possibile, con un taglio dei tassi d’interesse così drastico?
L’inflazione e i tassi d’interesse in crescita non sono nemici delle Borse: lo dimostrano i dati del 2023 e dei primi nove mesi del 2024, che segnalano una crescita a doppia cifra per tutti i principali indici , con in testa il Merval (la Borsa argentina), in un Paese nel quale sia l’inflazione sia i tassi d’interesse sono, anch’essi, a due cifre. Per questo l’intento di Powell ora è quello di preservare la crescita, affinché si realizzi lo scenario del “soft landing”, quell’“atterraggio morbido” che comporta un rallentamento economico e una successiva ripartenza, senza alcuna recessione.
Sulla carta e a parole, sono ottimi propositi. Restano i dubbi tecnici e pratici. Se l’economia va bene, se le Borse sono sui massimi, perché un taglio così energico? Gli investitori, come al solito, per trovare una spiegazione fanno ricorso alla loro fervida fantasia. C’è chi dice che sia un aiuto ai Democratici (siamo alla vigilia delle elezioni presidenziali); c’è chi pensa che la Fed sia – come si dice in gergo – “dietro la curva”, ossia che il ciclo economico sta già rallentando e la banca centrale è costretta a recuperare il terreno perduto; o chi – come Christopher Waller, membro del Consiglio dei governatori della Federal Reserve – ritiene che l’inflazione sia ormai sconfitta; dunque, si può tornare a essere generosi.
Perciò, per ipotizzare la possibile evoluzione di qui in avanti, il mercato fa ricorso ai precedenti storici. E il precedente più osservato (e ammirato) è quello del 1995, quando l’allora presidente Fed Alan Greenspan, dopo una serie di aumenti (300 punti in soli due anni, che portarono il tasso al 6%), con l’inflazione sconfitta e il rischio recessione incombente, decise una virata. Con solo tre tagli da 25 punti base, in un anno mise gli Stati Uniti sulla strada della prosperità che avrebbe portato il quadro economico USA al massimo splendore del 2000. Questo caso, tra i più studiati, è l’unico e ufficiale esempio di “soft landing”.
La Federal Reserve di ieri e di oggi: si apre una nuova fase per l’economia USA
L’altro episodio è quello del 1998. Per alcuni aspetti, diverso: l’economia era minacciata da crisi politiche e finanziarie – Clinton, la Russia, l’Asia e il fondo LTCM – che mettevano a rischio il sistema economico. Fu sempre Greenspan, con tre tagli dei tassi da 25 punti base (uno dei quali a sorpresa), a rimettere tutto a posto.
La differenza, rispetto a oggi, è che in nessuno dei casi precedenti l’opera di riduzione dei tassi è cominciata con un maxi-taglio da 50 punti base. Tutte le volte in cui si è cominciato con una misura così drastica – e, specialmente alle condizioni attuali, con una proiezione dei tagli così profonda (stimati altri 75 punti base per il 2024 e 125 punti base per il 2025) – è stato perché l’economia si stava dirigendo verso la recessione. I casi più eclatanti sono quelli del 2001 e del 2007.
La Fed è in ritardo anche questa volta? O si sta aprendo una nuova fase, che non può essere letta attraverso la lente dei precedenti storici? Negli ultimi anni, in effetti, gli eventi ci hanno stupiti in molti modi diversi: non resta che continuare a monitorare lo scenario con grande lucidità e buon senso, per coglierne i possibili sviluppi e, soprattutto, le opportunità.