
2004-2024: vent’anni di grandi cambiamenti
Dal referendum di Chirac alle elezioni improvvise indette da Macron, l’Europa è passata dall’euforia del progetto degli Stati Uniti d’Europa alla concretezza di un continente legato a una moneta unica. Nonostante gli ostacoli, indietro non si torna. Ma partiamo dal principio e ripercorriamo insieme gli ultimi vent’anni.
Il lontano 2004: all’apparenza “solo” un anno di passaggio
Il 2004 sembra un anno anonimo, un momento di transizione dopo la grande bolla di Internet e la tragedia del World Trade Center di inizio millennio. E prima della grave crisi finanziaria del 2008. Per gli Stati Uniti è un anno elettorale ma, rispetto ai megafoni cui siamo abituati oggi, la scadenza è decisamente meno strillata.
Eppure, è proprio nei momenti di tranquillità apparente che si piantano i semi dai quali nascono i germogli che cambieranno il mondo. Nel campo tecnologico quell’anno Mark Zuckerberg crea Facebook, un compagno di viaggio nella nostra vita.
Nello sport si consuma il primo duello tra Roger Federer e Rafa Nadal sul cemento di Miami in Florida, una saga che durerà più di dieci anni. È anche l’anno degli europei di calcio, si gioca in Portogallo e la nazionale di casa schiera in campo un giovanissimo Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro, oggi per tutti semplicemente Cr7.
Ronaldo gioca il suo primo grande torneo a 19 anni, e anche con il suo contributo di due reti la nazionale lusitana va in finale contro la Grecia. La Grecia vince e sembra così dare il via a un decennio di gloria: a pochi anni dall’entrata nell’euro sale sul tetto d’Europa, una manciata di giorni prima dell’inizio delle Olimpiadi che si disputeranno ad Atene, la culla dello sport.
Dal referendum di Chirac al colpo di spugna di Macron
Il 29 ottobre 2004, nella sala degli Orazi e dei Curiazi in Campidoglio a Roma sono presenti 25 capi di Stato e di governo e i rispettivi ministri degli Esteri. Ognuno, con la sua stilografica, si accinge a firmare un librone composto da 448 articoli e 36 protocolli. Una scena che sarà poi stata ricordata come la solenne cerimonia per la firma della Costituzione Europea.
Pochi mesi dopo, nel maggio del 2005, Jacques Chirac indice un referendum nazionale per la sua approvazione. Il 29 maggio 2005, con un’affluenza del 69,37% (fonte Wikipedia), i “Sì” saranno il 45,33%, i “No” il 54,67%: la maggioranza dei francesi rifiuta il Trattato.
È il disincanto europeo: il processo di integrazione totale si ferma e viene in parte accantonato e contrastato da continui dissidi. Va avanti l’idea di un’Europa fondata solo sulla moneta unica. Chirac è fatto oggetto di molte critiche: il suo viene visto come un autogoal.
A distanza di vent’anni, la decisione del presidente Emmanuel Macron - che sull’esito deludente delle elezioni europee di inizio giugno scioglie immediatamente il Parlamento e porta i francesi al voto - provoca le medesime critiche. “Le coup de tonnerre”, titola Le Parisien, come a dire “il fulmine a ciel sereno”. “Le choc - après les européennes la dissolution”, secondo Le Figaro. “Le coup de poker”, per Les Echos. E appunto come scrivono questi ultimi, la mossa di Macron è vista come un azzardo in una partita a poker.
Se la scelta di Chirac viene definita dalla storia come un autogoal e una retromarcia, quella di Macron viene vista come il rischio della fine del sogno europeo. I mercati hanno reagito con nervosismo: dopo mesi di rialzi guidati dalle banche centrali e dall’AI, sembrano aver trovato nella politica una scusa per vendere.
Vent’anni dopo, molte cose sono cambiate. E sono sorte nuove sfide
Sbaragliando i sondaggi della vigilia, nel secondo turno delle legislative francesi è stata la sinistra del Nuovo Fronte Popolare (NFP) a imporsi come prima coalizione, seguita dal blocco centrista Ensemble del presidente Macron e dall’estrema destra del Rassemblement National di Marine Le Pen.
Nessuno, tuttavia, ha raggiunto la maggioranza assoluta di 289 seggi necessaria per formare un governo, e dunque hanno subito preso il via i negoziati per dare vita al nuovo esecutivo. Nel frattempo, i mercati sembrano aver riportato la loro attenzione sui conti pubblici del Paese, che sono un tema importante e non da oggi, per quanto finora all’apparenza trascurato dagli investitori.
E tuttavia, nel quadro più generale, da Chirac a Macron molte cose sono cambiate. E molte sono mutate in meglio. Perché, se è vero che l’idea di un continente come un unico Paese – l’utopia degli Stati Uniti d’Europa - è stato accantonato a favore degli Stati Uniti dell’Euro, è altrettanto vero che sotto l’aspetto politico si sono registrate alcune interessanti evoluzioni.
Vent’anni fa, chi protestava minacciava l’uscita dall’Euro, mentre oggi si limita a parlare di un’Europa “diversa”; vent’anni fa, il Paese che eccedeva con le spese veniva punito con l’austerità, oggi quella parola non viene più pronunciata. Perché siamo nel pieno di una nuova rivoluzione industriale - al centro della quale si colloca la doppia, e imponente, transizione digitale ed ecologica - e per svilupparla e non essere superati dalla concorrenza degli altri Stati bisogna spendere.
E questa sfida ci accomuna tutti. Oggi più che mai.