07 ottobre 2018

Il mondo cresce nonostante le previsioni

Pubblicato in: Economia & Mercati

Fino a che punto è possibile prevedere una crisi finanziaria e quanto ha senso prepararsi costantemente al peggio? Sono domande che gli economisti si pongono da decenni e ancora non esiste una risposta univoca. Certo è che fare previsioni, in ambito economico, è davvero difficile, se non praticamente impossibile. 
I motivi sono diversi: vischiosità di rapporti, assenza di confini precisi tra ruoli e competenze, liberalizzazione selvaggia della finanza – effettuata già negli anni Novanta dalla presidenza Clinton – mancata distinzione tra controllori e controllati. C’è chi dice che le previsioni vengono fatte per essere smentite. Per dirla con le parole del premio Nobel per la Fisica Niels Bohr: “è molto difficile prevedere, specie il futuro”.

Ma cosa significa questa premessa per gli investitori che si trovano a dover fare i conti con le turbolenze dei mercati finanziari?


Una riflessione sul mercato azionario

Tanto per cominciare, vale la pena di sottolineare un aspetto: che siano previste o meno, tutte le grandi crisi hanno avuto una fine. L’economia e il mondo in generale imparano da queste situazioni e prima o poi trovano il modo di uscirne vittoriosi, di creare gli anticorpi per guarire dalla malattia del momento. Insomma, ogni fase di crisi porta con sé delle opportunità di investimento, ma il rischio è quello di focalizzarsi solo sugli aspetti negativi, perdendosi le occasioni che si presentano nel frattempo.

Prendiamo la situazione attuale: la Borsa USA tratta su livelli molto elevati ormai da parecchio tempo, livelli definiti “allarmanti” dall’indicatore “Cape ratio” messo a punto dal premio Nobel per l’Economia Robert Shiller. È evidente che si tratta di una situazione eccezionale che non potrà essere sostenibile in eterno. Tuttavia, lo stesso Shiller ha capito che il sentiment di mercato è totalmente diverso da quello che rileverebbe il suo indicatore e ha modificato le sue opinioni, arrivando a elogiare la politica economica del Presidente Donald Trump.

“Trump è un presidente orientato eccezionalmente al business, che vuole deregolamentare e favorire la riduzione delle tasse”, ha osservato l’economista. Il sentiment positivo, le facilitazioni fiscali, i tassi d’interesse ancora su livelli bassi, il ciclo economico ancora tonico sono tutti elementi che continueranno a favorire il mercato azionario.


E cosa ci dice l’obbligazionario?

Anche qui partiamo da un concetto generale, anzi da un assioma che ogni investitore dovrebbe sempre tenere a mente: il rischio è figlio del rendimento. Più alto è il rendimento di un prodotto, più è elevato il rischio, e viceversa. Un esempio su tutti che ci può aiutare a capire questa regola è quello dell’Argentina, un Paese ritenuto infallibile dal popolo ma, per i rendimenti offerti dalle proprie obbligazioni (dal 10% in su), già condannato al patibolo dal mercato. È naturale che un rendimento alto, specie se a due cifre, faccia gola a qualsiasi investitore. E non è detto che non esistano occasioni autentiche da prendere al volo. Orientativamente, molto dipende anche dallo stato dei tassi d’interesse: ci sono stati periodi, come negli anni Ottanta, in cui la doppia cifra era una regola nell’allocazione dell’investimento, ma questo era consentito da tassi d’interesse mondiali su livelli molto elevati e lontanissimi dalle posizioni attuali. Ora che i rendimenti sono tutt’altro che generosi, dunque, quando si vede una doppia cifra è opportuno muoversi con la dovuta cautela. 

Ma attenzione: in una situazione come quella in cui ci troviamo oggi, il rischio non si trova solo nell’alto rendimento, ma anche nel basso e ancor di più nel rendimento zero. Prendiamo le obbligazioni come il Bund tedesco, che in cambio di un “parcheggio” ritenuto sicuro offrono un rendimento poco sopra lo zero o addirittura negativo. Chi vi investe perde poco, ma si sente al sicuro, mentre chi specula prende un rendimento zero, ma guadagna sulla salita del prezzo dell’obbligazione. Questo accade grazie alle politiche monetarie delle banche centrali, che ancora oggi, in modo artificiale, riescono a mantenere i tassi molto bassi. Ma quanto potrà durare tutto questo? La risposta è: non all’infinito.

Prima o poi, grazie anche alla vivacità, alla perduranza e alla longevità di questo ciclo economico, i tassi dovranno inevitabilmente salire, un processo che porterà futuro rendimento alle obbligazioni per i futuri sottoscrittori. Come ovviare a questi pericoli, dove investire e come orientarsi per evitare i numerosi rischi? La soluzione ci riporta a un’altra regola fondamentale del buon investitore: mai mettere tutte le uova in un solo paniere, ma diversificare il rischio su più asset class.


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