14 novembre 2018

Cosa sono e a cosa servono le agenzie di rating?

Pubblicato in: Vademecum

Le agenzie di rating e i loro giudizi sono tornati a far parlare di sé negli ultimi mesi, complici le turbolenze sui mercati finanziari e le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito pubblico italiano, scaturite dalle prime indicazioni sulla prossima Legge di Bilancio. 
Proprio sulla scia di questi timori, Moody’s ha tagliato il rating italiano da Baa2 a Baa3 con outlook stabile, mentre Standard and Poor’s ha confermato la valutazione sui titoli del Belpaese, ma ha abbassato le previsioni per il futuro da “stabili” a “negative”. La prossima revisione della terza grande agenzia di rating, Fitch, è attesa invece per gennaio.

Ma cosa significa tutto questo? Chi sono le agenzie di rating e cosa indicano i loro giudizi?
Procediamo con ordine. Le agenzie di rating sono società private che assegnano giudizi sintetici a Stati e aziende. Queste valutazioni – che riguardano in buona sostanza la solvibilità dell’emittente, ovvero la sua capacità di pagare le cedole e restituire il capitale all’investitore – servono come linee guida per chi vuole investire: offrono infatti un’indicazione sull’affidabilità dell’emittente e, quindi, sul rischio dell’investimento.



Come si stabilisce il rating?
Il giudizio formulato dalle agenzie è frutto di un’analisi approfondita e tiene in considerazione diversi input, sia di natura quantitativa (bilanci aziendali e statistiche macro di un Paese) sia di natura qualitativa (notizie, reputazione, management, qualità di un governo). Come accennato, le principali agenzie di rating – tutte nate nella prima metà del ‘900 – sono Standard and Poor’s, Moody’s e Fitch. I giudizi che esprimono si differenziano leggermente tra loro nella forma, ma non nella sostanza. Possiamo riassumerne il significato come segue.




Come si leggono le valutazioni?
Al di là delle diciture specifiche, si può notare che tutti i giudizi sono espressi in lettere dalla A alla D:
- la lettera A (incluse le ripetizioni, l’aggiunta di numeri e di segni + e -) indica la massima affidabilità;
- la lettera D al contrario esprime un elevato rischio e, in definitiva, la concreta possibilità di default dell’emittente. 

Le valutazioni delle agenzie di rating si possono dividere in due grandi famiglie:
- Investment Grade (o High Grade), che abbraccia livelli di rischio bassi o medio-bassi, fino a BBB- o Baa3;
Speculative Grade (o High Yield), che indica invece emissioni obbligazionarie con un rischio di insolvenza decisamente più elevato. 

È abbastanza intuitivo capire che, al peggiorare del giudizio – e quindi all’aumentare del rischio default dell’emittente – sale il tasso di interesse, ovvero il rendimento richiesto dall’investitore come remunerazione per l’accresciuto rischio di cui si fa carico.
Esattamente come sta accadendo ai titoli di Stato italiani: avete presente l’allargamento dello spread? Ecco, in questa fase indica proprio l’aumento del rendimento dei BTP rispetto a quello del Bund tedesco di pari durata.


Le agenzie di rating sono infallibili?
Ogni volta che le agenzie di rating intervengono sull’Italia – e gli ultimi declassamenti non fanno eccezione – si solleva uno sciame di polemiche sulla scarsa obiettività dei giudizi e sul fatto che le cosiddette “Tre sorelle del rating” non sono infallibili, anzi: in passato hanno preso parecchie cantonate. In parte è vero. Ma il punto è che si tratta di osservazioni del tutto irrilevanti. A prescindere dalla validità dei giudizi, infatti, un eventuale declassamento dei titoli italiani da Investment Grade a “titoli spazzatura” (o High Yield) farebbe scattare meccanismi di vendita di titoli di Stato italiani, e questo per diversi motivi, alcuni di natura prettamente “tecnica”. Esistono infatti automatismi, regole e prassi d’investimento – utilizzati da banche (a cominciare da quelle centrali), assicurazioni, fondi pensione e fondi sovrani – volte a non far scendere mai il proprio bilancio dell’investitore al di sotto di una certa soglia di qualità. Va da sé che lo spazio per gli investimenti ad alto rischio è inferiore rispetto a quello riservato agli investimenti ritenuti più affidabili. Non solo. Gli indici obbligazionari Investment Grade, che costituiscono il benchmark di molti fondi ed ETF, includono come dice il nome solo titoli Investment Grade: un declassamento escluderebbe i titoli di Stato italiani da questi indici.

Insomma, non si tratta di accanirsi contro l’Italia o di chissà quali sofisticati complotti: le regole del mercato funzionano così. Detto questo, naturalmente i giudizi delle agenzie di rating rimangono indicazioni di massima, che vanno prese, come tutte le cose, con la dovuta laicità. Ma innegabilmente queste valutazioni hanno conseguenze concrete sui mercati, ed è importante tenerne conto.


NOTA DI REDAZIONE : gli argomenti, le immagini e i grafici sono frutto di elaborazione interna.

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