Consulenza, l’antidoto al tarlo del “fai-da-te” che rosicchia i risparmi

Consulenza, l’antidoto al tarlo del “fai-da-te” che rosicchia i risparmi

Pubblicato il 22 maggio 2019 in Vademecum

Lo sapevate? In Italia ci sono 1,62 milioni di persone che dedicano molto tempo alla gestione dei loro risparmi. Costoro dichiarano una buona conoscenza della materia economico-finanziaria, una grande fiducia nella propria preparazione e competenza e una buona capacità di controllo delle emozioni, in virtù della quale sanno affrontare anche prodotti dotati di un alto profilo di rischio. 
Questo milione e 620 mila rappresenta una quota del 5,1% degli italiani tra i 35 e i 74 anni d’età. Preferendo il “fai-da-te”, costoro non si avvalgono di alcun referente per la gestione del patrimonio. Si tratta quindi di individui del tutto autonomi nella selezione dei prodotti e nella scelta dei tempi di acquisto, vendita o switch.
Di tutto ciò dà conto l’istituto Demia nell’indagine svolta per conto di Assogestioni sul mondo dei “risparmiatori fai-da-te”, presentata nell’ambito dell’edizione 2019 del Salone del Risparmio. C’è un aspetto di questa indagine che appare interessante: in assenza dei risultati attesi, anche questi “spiriti liberi” tendono a rivolgersi ai professionisti per una pianificazione finanziaria che consenta loro di recuperare il terreno perduto.



Il variegato mondo dei “fai-da-te”
Lo studio ha preso in analisi un campione rappresentativo di risparmiatori in possesso di un patrimonio mobiliare investito o investibile di almeno 30 mila euro, nel target 35-74 anni. Accanto a questo, ha coinvolto anche un campione di consulenti bancari e finanziari operanti in Italia. Ma attenzione: l’indagine ha anche raccolto le risposte di ex “fai-da-te”, che nella quasi totalità dei casi hanno scelto nuovamente la consulenza in seguito a minusvalenze importanti. Nel perimetro dell’indagine è entrato anche chi “fai-da-te” non lo è mai stato, ossia quelle persone che da sempre affidano la gestione del patrimonio a uno o più consulenti. È emerso che la figura del risparmiatore “fai-da-te” risulta in divenire e si articola in modo diverso a seconda delle generazioni: con l’età anagrafica, infatti, cambiano l’atteggiamento verso il risparmio e gli investimenti, il livello di cultura finanziaria, la dimensione del patrimonio, l’accesso e la dimestichezza con la tecnologia, le risorse di tempo da dedicare e le esperienze passate. Ma vediamo di saperne di più.



Consulente o “fai-da-te”: cosa cambia?
Il 53% dei “fai-da-te” dichiara che il piacere di seguire personalmente i propri investimenti, insieme alla dimestichezza con app o internet banking (36%) e alle conoscenze personali in materia (33%), è tra le principali motivazioni che spingono a gestire per proprio conto i risparmi. Il 46% dei risparmiatori “fai-da-te” intervistati attribuisce poi alle nuove normative come Mifid2 un ulteriore aggravio di burocrazia, già motivo di stimolo al “fai-da-te”. Motivazioni che si ribaltano per coloro che, invece, si affidano a un consulente: per il 42% degli interpellati sono proprio le insufficienti conoscenze in materia, unite alla percezione della complessità dei mercati, il motivo principale per affidare a un consulente per i propri risparmi. Tra gli ex risparmiatori “fai-da-te”, il 49% dichiara che i mercati sono sempre più complessi e che è necessario avere a fianco un esperto, il 32% sostiene di non essere in grado di calcolare in maniera adeguata i rischi e il 24% riconosce alla consulenza un valore aggiunto, anche a fronte di un costo da sostenere.



Alla riscoperta del consulente finanziario 
La competenza risulta tra le principali leve potenziali per riavvicinare alla consulenza i “fai-da-te”: il 42% dichiara infatti che potrebbe riconsiderarla qualora si rendesse conto di non essere abbastanza esperto, il 37% se invece dovesse scegliere di investire in mercati sconosciuti. Tra le ragioni che spingono ad affidarsi a un esperto vengono indicate la mancanza di tempo per potersi dedicare al “fai-da-te” (25%), la necessità di pianificare gli investimenti in un’ottica di medio-lungo termine con gli strumenti più adatti (23%) e le eventuali minusvalenze registrate (22%). Dalla prospettiva opposta, i consulenti bancari e finanziari, interrogati su quanto è emerso dalla ricerca, confermano per il 64% che un risparmiatore “fai-da-te” potrebbe decidere di affidarsi a un consulente perché̀ si rende conto di non essere abbastanza competente e aggiornato per continuare da solo, a fronte di un 46% che ritiene che il cambio di rotta potrebbe avvenire per effettuare una pianificazione di medio-lungo periodo con gli strumenti più adatti. Secondo il 45% dei consulenti, il risparmiatore “fai-da-te” ricontatta il professionista dopo aver subito delle perdite. Per il 34%, lo scopo è scegliere prodotti o investire in mercati che non conosce.

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