23 maggio 2019

Consulenza, l’antidoto al tarlo del “fai-da-te” che rosicchia i risparmi

Pubblicato in: Vademecum

Lo sapevate? In Italia ci sono 1,62 milioni di persone che dedicano molto tempo alla gestione dei loro risparmi. Costoro dichiarano una buona conoscenza della materia economico-finanziaria, una grande fiducia nella propria preparazione e competenza e una buona capacità di controllo delle emozioni, in virtù della quale sanno affrontare anche prodotti dotati di un alto profilo di rischio. 
Questo milione e 620 mila rappresenta una quota del 5,1% degli italiani tra i 35 e i 74 anni d’età. Preferendo il “fai-da-te”, costoro non si avvalgono di alcun referente per la gestione del patrimonio. Si tratta quindi di individui del tutto autonomi nella selezione dei prodotti e nella scelta dei tempi di acquisto, vendita o switch.
Di tutto ciò dà conto l’istituto Demia nell’indagine svolta per conto di Assogestioni sul mondo dei “risparmiatori fai-da-te”, presentata nell’ambito dell’edizione 2019 del Salone del Risparmio. C’è un aspetto di questa indagine che appare interessante: in assenza dei risultati attesi, anche questi “spiriti liberi” tendono a rivolgersi ai professionisti per una pianificazione finanziaria che consenta loro di recuperare il terreno perduto.



Il variegato mondo dei “fai-da-te”
Lo studio ha preso in analisi un campione rappresentativo di risparmiatori in possesso di un patrimonio mobiliare investito o investibile di almeno 30 mila euro, nel target 35-74 anni. Accanto a questo, ha coinvolto anche un campione di consulenti bancari e finanziari operanti in Italia. Ma attenzione: l’indagine ha anche raccolto le risposte di ex “fai-da-te”, che nella quasi totalità dei casi hanno scelto nuovamente la consulenza in seguito a minusvalenze importanti. Nel perimetro dell’indagine è entrato anche chi “fai-da-te” non lo è mai stato, ossia quelle persone che da sempre affidano la gestione del patrimonio a uno o più consulenti. È emerso che la figura del risparmiatore “fai-da-te” risulta in divenire e si articola in modo diverso a seconda delle generazioni: con l’età anagrafica, infatti, cambiano l’atteggiamento verso il risparmio e gli investimenti, il livello di cultura finanziaria, la dimensione del patrimonio, l’accesso e la dimestichezza con la tecnologia, le risorse di tempo da dedicare e le esperienze passate. Ma vediamo di saperne di più.



Consulente o “fai-da-te”: cosa cambia?
Il 53% dei “fai-da-te” dichiara che il piacere di seguire personalmente i propri investimenti, insieme alla dimestichezza con app o internet banking (36%) e alle conoscenze personali in materia (33%), è tra le principali motivazioni che spingono a gestire per proprio conto i risparmi. Il 46% dei risparmiatori “fai-da-te” intervistati attribuisce poi alle nuove normative come Mifid2 un ulteriore aggravio di burocrazia, già motivo di stimolo al “fai-da-te”. Motivazioni che si ribaltano per coloro che, invece, si affidano a un consulente: per il 42% degli interpellati sono proprio le insufficienti conoscenze in materia, unite alla percezione della complessità dei mercati, il motivo principale per affidare a un consulente per i propri risparmi. Tra gli ex risparmiatori “fai-da-te”, il 49% dichiara che i mercati sono sempre più complessi e che è necessario avere a fianco un esperto, il 32% sostiene di non essere in grado di calcolare in maniera adeguata i rischi e il 24% riconosce alla consulenza un valore aggiunto, anche a fronte di un costo da sostenere.



Alla riscoperta del consulente finanziario 
La competenza risulta tra le principali leve potenziali per riavvicinare alla consulenza i “fai-da-te”: il 42% dichiara infatti che potrebbe riconsiderarla qualora si rendesse conto di non essere abbastanza esperto, il 37% se invece dovesse scegliere di investire in mercati sconosciuti. Tra le ragioni che spingono ad affidarsi a un esperto vengono indicate la mancanza di tempo per potersi dedicare al “fai-da-te” (25%), la necessità di pianificare gli investimenti in un’ottica di medio-lungo termine con gli strumenti più adatti (23%) e le eventuali minusvalenze registrate (22%). Dalla prospettiva opposta, i consulenti bancari e finanziari, interrogati su quanto è emerso dalla ricerca, confermano per il 64% che un risparmiatore “fai-da-te” potrebbe decidere di affidarsi a un consulente perché̀ si rende conto di non essere abbastanza competente e aggiornato per continuare da solo, a fronte di un 46% che ritiene che il cambio di rotta potrebbe avvenire per effettuare una pianificazione di medio-lungo periodo con gli strumenti più adatti. Secondo il 45% dei consulenti, il risparmiatore “fai-da-te” ricontatta il professionista dopo aver subito delle perdite. Per il 34%, lo scopo è scegliere prodotti o investire in mercati che non conosce.


NOTA DI REDAZIONE: gli argomenti, le immagini e i grafici sono frutto di elaborazione interna.

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