17 marzo 2025

Cosa sono e come funzionano i dazi doganali?

Pubblicato in: Vademecum

Dici “dazi doganali” e la mente corre a tempi antichi, quando navi cariche di seta e di spezie compivano lunghissimi viaggi dall’Asia fino alle coste europee e italiane. In effetti, l’utilizzo dei dazi doganali era già diffuso tra gli antichi Romani, che a loro volta li avevano mutuati dai Greci. Eppure, il tema dei dazi è ancora estremamente attuale oggi, oltre duemila anni più tardi. Negli anni recenti abbiamo visto gli Stati Uniti imporre dazi commerciali “punitivi” sulla Cina, inizialmente per mano della prima amministrazione Trump e poi anche sotto la presidenza di Joe Biden.  

Ora, con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la politica commerciale statunitense sta compiendo una decisa virata in chiave protezionistica. E negli ultimi mesi i continui annunci e i successivi rinvii dei dazi a carico dei principali partner commerciali degli USA stanno creando confusione e sollevando interrogativi, anche – comprensibilmente – tra gli investitori, che si domandano quali potrebbero essere i risvolti sui loro portafogli.


Cosa sono, esattamente, i dazi?

I dazi commerciali (o doganali) sono imposte indirette che vengono applicate sulla quantità o sul valore di alcune categorie di merci che attraversano un confine. Tipicamente, riguardano i beni che entrano in un Paese, quindi si concentrano sulle importazioni dall’estero: possono essere applicate a tutte le importazioni di uno specifico bene o a tutte le importazioni da uno specifico Paese o a un mix di queste ipotesi. I dazi si esprimono in valore percentuale del prezzo di vendita e di solito ricadono concretamente sull’importatore, che li paga alla dogana del Paese di ingresso.


Perché un Paese decide di imporre dei dazi? 

Le ragioni possono essere molteplici.

• Proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza estera.

• Incentivare l’economia domestica e la creazione di posti di lavoro.

• Aumentare le entrate statali.

• Rispondere a pratiche commerciali sleali di altri Paesi (come i dazi imposti alla Cina dalla prima amministrazione Trump e dalla successiva amministrazione Biden).

• Preservare settori strategici dell’economia.

Aggiungiamo una voce, e cioè: “utilizzarli come leva per ottenere accordi con i partner commerciali”. Che è un po’ quello che stiamo vedendo in questi mesi con Trump.


Come funzionano le tariffe doganali?

Facciamo un esempio pratico. Il Paese A impone un dazio del 10% sulle importazioni di auto dal Paese B: significa che su una macchina con un prezzo all’ingrosso di 25.000 euro verrà applicato un dazio di 2.500 euro, quindi, il rivenditore che la importa pagherà non più 25mila euro, ma 27.500 euro per la stessa auto. E la rivenderà ai consumatori almeno a questa cifra, per non rimetterci. A questo punto, i consumatori potrebbero decidere di acquistare un’auto prodotta entro i confini nazionali, esente da dazi e quindi più economica. In quest’ottica, il dazio vuole incentivare i consumi interni e la creazione di posti di lavoro.

Fin qui, la teoria. È chiaro che poi molto dipende dal tipo di merce su cui è applicato il dazio: se si tratta di prodotti necessari, che non vengono realizzati nel Paese importatore o che per qualche motivo sono particolarmente desiderati, è possibile che i consumatori decidano di comprarli comunque, accettando di accollarsi il sovrapprezzo. In altri casi, può capitare che sia il Paese esportatore a decidere di abbassare il prezzo di vendita, assorbendo il dazio per poter continuare a commerciare in quel mercato. Di solito, comunque, l’onere viene distribuito tra consumatori, produttore e importatore.


A che punto siamo oggi?

Lo scorso primo febbraio, Donald Trump ha annunciato l’introduzione, di lì a tre giorni, di dazi del 25% su tutte le merci importate dal Canada e dal Messico (e del 10% sul petrolio canadese), salvo poi rimandare la loro entrata in vigore al mese successivo, grazie all’impegno di Messico e Canada a esercitare un maggiore controllo, rispettivamente, sul flusso di migranti e sul traffico connesso al Fentanyl (una droga che sta causando molte vittime negli USA). Nelle settimane successive, il presidente statunitense ha comunque assicurato che, allo scadere del periodo di proroga, le tariffe saranno applicate come previsto. 

Sono invece entrati in vigore subito i dazi del 10% sulle importazioni dalla Cina, annunciati sempre all’inizio di febbraio, a cui Pechino ha risposto con tariffe dal 10 al 15% su carbone e gas naturale liquefatto (GNL), petrolio, attrezzature agricole e alcuni veicoli di grossa cilindrata made in USA. Successivamente, Trump ha annunciato tariffe specifiche su determinati prodotti: del 25% su tutte le importazioni di alluminio e acciaio negli Stati Uniti (nel mirino, in primis, ci sono sempre Canada e Messico, ma le tariffe colpiscono anche l'UE) e, a partire da aprile, dazi “intorno al 25%” sulle auto straniere. 

Ora, non è che i dazi nell’età moderna non esistessero prima dell’arrivo di Trump. Per esempio, l’Unione Europea, che è un’unione doganale e quindi prende le decisioni sulle tariffe commerciali come se fosse un’entità unica, ricava dai dazi circa il 14% del suo bilancio. Sicuramente, tuttavia, con il passaggio del testimone alla Casa Bianca si profila uno scenario che potrebbe essere ancora più rigido.


Quali potrebbero essere gli impatti economici e finanziari?

L’impatto dei dazi sull’economia del Paese importatore – quello, cioè, che impone le tariffe – consiste tipicamente in un aumento più o meno marcato dell’inflazione, perché i rivenditori tenderanno a cercare di scaricare l’aumento dei costi sui consumatori, aumentando quindi il prezzo finale delle merci soggette a dazi.

Per quanto riguarda i mercati finanziari, quello che potrebbe succedere (ma anche qui, una cosa è la teoria, un’altra la pratica) è:

un aumento temporaneo della volatilità dei mercati, specialmente nei settori più esposti al commercio internazionale, nella fase di assestamento e “digestione” delle nuove tariffe;

qualche movimento sul fronte delle valute, con la valuta del Paese esportatore che tende a svalutarsi contro quella del Paese importatore, per assorbire l’impatto del dazio;

un impatto sui prezzi delle materie prime.

Insomma, un po’ di turbolenza sarà da mettere in conto, anche alla luce dei continui annunci e contro annunci che creano inevitabilmente un clima di incertezza. Tuttavia, non è il caso di farsi prendere dal panico: l’economia statunitense è solida e, in questa fase, sembra in grado di assorbire il colpo dei dazi. Meglio allora fermarsi un momento e guardare ai propri obiettivi di lungo periodo, cercando di non soffermarsi troppo sulle oscillazioni momentanee.

In tal senso, il ruolo del consulente finanziario si conferma cruciale: può aiutare i clienti a indossare le giuste lenti per mettere a fuoco rischi e opportunità, e può guidarli attraverso l’incertezza offrendo supporto e mettendoli al riparo da azioni impulsive e troppo “di pancia”. 


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