Sono presenti nella vita di tutti i giorni, ci condizionano in mille aspetti e non sono facili da arginare. I bias cognitivi, i pregiudizi mentali, incidono sulla quotidianità: cosa fare nel weekend, cosa pensare di un certo tema, cosa comprare. Lo psicologo Daniel Kahneman, Premio Nobel per l’economia nel 2002, recentemente scomparso , padre dell’economia comportamentale, ha celebrato il connubio tra psicologia e scienza economico-finanziaria portando le emozioni umane – e le nostre insicurezze, se vogliamo – nel mondo dei numeri. I suoi studi hanno contribuito a far luce su alcuni bias molto impor-tanti, come quelli della disponibilità e della conferma.
E recentemente una nuova U.S. Retail Investor Edition della Cerulli Associates di Boston ha evidenziato come i due pregiudizi più comuni tra gli investitori più abbienti siano proprio quello della disponibilità, presente nell’88% delle risposte, e il bias di conferma, che invece si riscontra nel 78% dei casi. La ricerca, lo diciamo subito a scanso di equivoci, riguarda investitori USA: ma è probabile che le tendenze nostrane non siano molto diverse. Vale la pena, quindi, di mettere a fuoco gli spunti che ci dà.
Il bias di disponibilità e l’effetto reminiscenza
L’availability bias è quella scorciatoia mentale che ci porta a dare più importanza alle informazioni per noi più a portata di mano. Più disponibili, appunto. Poiché per noi è più facile richiamarle alla mente, tendiamo a dar loro un peso maggiore.
Esempio: se ci siamo sempre sentiti ripetere che il BTP è un investimento solido, auspicabile per una famiglia italiana, allora avremo una maggior propensione a prendere in considerazione le emissioni del nostro dipartimento del Tesoro.
Oppure, se abbiamo recentemente appreso di un nuovo rally dei colossi del tech USA, e quindi l’informazione è fresca nella nostra memoria, tenderemo a investire più volentieri in quel settore.
Il che ci porta a un altro punto molto interessante. Nessun bias è un’isola, anzi: potremmo dire che nella nostra testa c’è un intero arcipelago di bias, ognuno collegato all’altro. La disponibilità procede ab-bastanza di pari passo con il recency bias, noto anche come “effetto reminiscenza”.
Se un evento è più recente, è più probabile che io lo ricordi; se lo ricordo meglio rispetto ad altri eventi, quell’evento sarà per me un dato più disponibile di altri, e quindi di maggior peso nelle mie decisioni.
Esempio: se ieri ho appreso dell’atterraggio d’emergenza di un aereo di linea, oggi avrò un po’ meno voglia di prenotare un volo e chissà, magari preferirò spostarmi in auto. Malgrado i dati ci dicano che gli incidenti automobilistici siano ben più frequenti di quelli aerei. Solo che fanno meno notizia, e per-ciò il dato reale sarà meno disponibile del dato “sensazionale”. Quest’ultimo influirà di più sulle no-stre decisioni, spingendoci a conclusioni forse rassicuranti, ma non sempre razionali e oggettive.
Così fan tutti: attenzione anche all’effetto gregge
Il bias di disponibilità, dice la ricerca di Cerulli Associates, si associa spesso anche all’effetto gregge, ossia la tendenza a seguire la massa o a investire in tendenze particolarmente popolari. “È quasi un complemento naturale del pregiudizio di disponibilità, dato che, quando una tendenza diventa più popolare attira maggiormente i media, di conseguenza diventa visibile a più investitori.
Ciò è particolarmente evidente tra coloro che hanno meno di 250.000 dollari in asset investibili (16%), poiché queste famiglie tendono a essere più giovani e più inclini a utilizzare i social media, che possono amplificare le nuove tendenze” , dice la ricerca.
Anche la bolla delle conferme può essere insidiosa
Ma l’altro bias su cui la ricerca mette l’accento è quello di conferma, forse ancora più insidioso quando si tratta di investimenti finanziari. È la tendenza ad accettare più facilmente informazioni e notizie che confermano una propria convinzione.
Il rischio è quello di abbeverarsi anche di storie false, di accettarle senza critica, purché vadano a supporto della propria tesi. La ricerca di Cerulli & Associates dice che il 78% degli investitori ha un pregiudizio di questo tipo, e aggiunge che il bias di conferma s’accompagna spesso al bias di anco-raggio.
Quest’ulteriore pregiudizio entra in gioco quando si tende a fare troppo affidamento sulla prima informazione ottenuta, a cui si attribuisce un’importanza eccessiva. L’esempio citato nel report è quello del prezzo di acquisto iniziale di un titolo o del suo massimo nell’ultimo anno.
John McKenna, analista e autore della ricerca, dice in sostanza che una terza parte fidata, che abbia una visione complessiva dei mercati finanziari, può aiutare il cliente a individuare il motivo per il qua-le ha un bias di questo tipo e a trovare soluzioni a lungo termine per le sue esigenze di investimento.
Il consulente può aiutare il cliente a disinnescare le trappole
Le distorsioni che la mente può creare vanno molto oltre quelle citate. E tutte espongono al rischio di compiere scelte d’investimento non propriamente corrette e azzeccate. Il ruolo del consulente finanziario, in questo senso, è aiutare il cliente a intercettare e a disinnescare le “trappole cognitive” che lo stanno guidando verso scelte non ottimali e condurlo invece verso una visione e un’interpretazione più completa dei dati e dei fatti. E, di riflesso, verso un approccio più lucido, razionale e lungimirante agli investimenti.
Come dice lo studioso portoghese Antonio Rosa Damasio, “non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”. Il consulente lo sa, e ne tiene conto.
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