Sembra quasi esserci un copione: si apre una fase di incertezza – geopolitica, economica, finanziaria o, come in questo particolare momento storico, commerciale – e gli investitori iniziano a risalire la corrente dei mercati spostandosi verso i cosiddetti “safe haven”, o beni rifugio. Nella vulgata comune, si considerano “rifugio” tutti quegli asset che non solo non si indeboliscono, ma che tendenzialmente si rafforzano durante le fasi di turbolenza e tensione. Non è detto, però, che lo facciano sempre e per sempre. Come tutto sui mercati, anche lo status di “safe haven” può subire mutamenti nel tempo.
Perché alcuni investimenti diventano “rifugi”?
Perché tendono a mantenere o a veder salire il loro valore durante le fasi di volatilità o incertezza. Ciò avviene in virtù di tutta una serie di fattori, che – badate bene – non sono fissi e immutabili e possono quindi subire variazioni nel tempo.
- L’offerta è limitata o molto limitata rispetto alla domanda (vedasi il caso dell’oro).
- La domanda si mantiene costante (è il caso del dollaro USA, valuta delle riserve e degli scambi internazionali).
- La correlazione con gli asset rischiosi è bassa o negativa, il che offre benefici in termini di diversificazione durante i ribassi.
- Per finire, hanno un buon grado di liquidità, ovvero sono acquistabili e rivendibili in tempi relativamente brevi e senza perdite o costi.
Il concetto di “bene rifugio” può cambiare nel tempo
Un ruolo determinante lo gioca anche la percezione degli investitori: la convinzione che quel certo asset sia un “rifugio” può alimentarne la domanda nelle fasi di turbolenza, facendo sì che l’asset in questione si comporti proprio come un “safe haven”, resistendo durante la tempesta e, addirittura, guadagnando valore. È un po’ l’attesa che si avvera, insomma.
Tutto ciò premesso, quando si parla di beni rifugio la mente corre più o meno invariabilmente ad alcuni specifici asset. Il primo è l’oro, un rifugio ampiamente riconosciuto per il suo ruolo storico di riserva di valore e per la sua scarsità. Ci sono poi i titoli di Stato emessi dai governi di aree economiche percepite come particolarmente solide sotto il profilo della crescita e dei conti pubblici: la Germania, con il suo Bund, è tradizionalmente fra queste. Anche valute come il dollaro USA e il franco svizzero sono generalmente considerate punti di riferimento, così come i titoli azionari emessi da aziende che si muovono nel perimetro dei settori cosiddetti “anticiclici” (meno sensibili, cioè, ai cicli dell’economia), in virtù della domanda costante per i loro prodotti o servizi.
Beni rifugio: nei primi mesi del 2025 qualcosa è cambiato
A proposito di titoli di Stato e valute: fino a non molto tempo fa, gli Stati Uniti erano ritenuti una “botte di ferro”. O quasi. Poi, negli ultimi mesi, qualcosa è cambiato. Nei giorni successivi al cosiddetto “Liberation Day” (2 aprile 2025), data in cui il presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump ha annunciato i dati universali del 10% e i dazi “reciproci”, le azioni e gli altri asset rischiosi non sono stati i soli a subire l’ondata di vendite (alla quale, come sappiamo, hanno poi fatto seguito recuperi anche molto importanti): lo stesso è accaduto ai titoli del Tesoro statunitensi e al dollaro USA. E non è consueto.
In precedenti episodi di più o meno analoga agitazione, infatti, la ricerca di sicurezza ha contribuito al rafforzamento della divisa statunitense. Stavolta, invece, gli investitori non si sono fidati di due fra i più classici “rifugi nella tempesta” (Treasury e dollaro USA, appunto).
Per contro, nelle stesse settimane il metallo giallo ha superato i 3.500 dollari USA l’oncia. Del metallo giallo c’è da dire una cosa: qualunque cosa accada, riesce a confermare il suo ruolo di riserva di valore, anche in virtù della sua scarsità. Tant’è che lo scrittore John Updike si è spinto a dichiarare: “Il bello dell’oro è che adora le brutte notizie”.
Non esiste bene rifugio senza qualche “contro”
Attenzione, però: non è tutto oro quello che luccica. Per dirla meglio: nemmeno l’investimento in oro è privo di controindicazioni. Tutti i beni rifugio, infatti, ne presentano almeno una.
Mantenere, in ogni fase, la giusta dose di diversificazione
Come ogni altra dinamica di mercato, anche quella relativa ai “safe haven” è soggetta a evoluzioni dettate da cambiamenti macroeconomici, politici, geopolitici, commerciali. È quindi fondamentale ricordare agli investitori che ha senso, in ogni fase di mercato, mantenere un approccio disciplinato e diversificato, evitando concentrazioni eccessive su strumenti ritenuti sicuri a prescindere.
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