Banche centrali contro l’inflazione: quali le prossime mosse?
La lotta all’inflazione è tornata – e al momento resta – in cima all’agenda delle grandi banche centrali dell’Occidente. Anche a costo di mettere i bastoni tra le ruote alla crescita economica. La conferma di un approccio già emerso a più riprese è arrivata in occasione del summit delle banche centrali tenutosi a Jackson Hole, nel Wyoming, nell’ultimo weekend di agosto. Ed è stata di fatto ratificata nelle riunioni di settembre al di qua e al di là dell’Atlantico.
Bce pronta a ulteriori aumenti dei tassi
Lato Bce, a parlare a Jackson Hole sono stati diversi membri del comitato esecutivo, tra cui François Villeroy de Galhau e Isabel Schnabel. L’impegno ad agire sull’inflazione è “incondizionato”, motivo per cui “un altro rialzo significativo” dei tassi di interesse è un passo necessario in settembre, aveva detto Villeroy de Galhau. E puntualmente il rialzo è avvenuto: giovedì 8 settembre, la Banca centrale europea ha comunicato che a partire dal 14 settembre il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali e quelli sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sarebbero saliti di ben 75 punti base, rispettivamente all’1,25%, all’1,50% e allo 0,75%. Una mossa storica: si è trattato infatti dell’aumento più consistente dall’avvio dell’unione monetaria. E ha sancito una volta per tutte la fine di un lungo periodo di tassi accomodanti.
E d’altro canto, a Jackson Hole Schnabel era stata chiara: le banche centrali devono agire con forza contro la corsa dei prezzi. Perché ora il punto è esattamente questo: lotta senza quartiere all’inflazione. “Anche se entriamo in recessione, abbiamo ben poche scelte se non continuare sulla strada della normalizzazione”. Del resto, l’inflazione non lascia scampo: nella zona euro il tasso annuale si è attestato al 9,1% ad agosto, in aumento rispetto all’8,9% di luglio. Un anno prima era al 3%. L’inflazione annuale dell’Unione europea è stata addirittura a doppia cifra: oltre il 10%, e dunque più del 9,8% di luglio. Il 22 settembre, il bollettino economico della Bce ha ribadito: inflazione alta a lungo, attesi ulteriori aumenti dei tassi.
Fed, la Banca centrale USA determinata a domare l’inflazione
Lato Federal Reserve, era stato lo stesso presidente Jerome Powell ad andare dritto al punto senza tanti giri di parole. Sempre in occasione del Simposio di Jackson Hole, il numero uno della Banca centrale Usa aveva ribadito l’intenzione di “usare vigorosamente tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per domare l’inflazione” (ad agosto negli Usa i prezzi sono aumentati dell’8,3% su anno, più delle attese, che si fermavano all’8%).
“Mentre i tassi di interesse più elevati, la crescita più lenta e le condizioni del mercato del lavoro più flessibili faranno scendere l’inflazione, ci sarà un impatto negativo anche sulle tasche delle famiglie e delle imprese”, aveva detto Powell. “Questi sono gli sfortunati costi della riduzione dell’inflazione. Ma un fallimento nel ripristinare la stabilità dei prezzi sarebbe ancora peggio per l’economia”.
Il che, in cifre, si è tradotto in un aumento dei tassi di 75 punti base nella riunione del 20 e 21 settembre, approvato all’unanimità dai membri del Fomc, il principale strumento di politica monetaria della Federal Reserve. L’intervallo obiettivo per il federal funds rate è di conseguenza salito al 3-3,25%, un livello che prima del 20 e 21 settembre 2022 si era visto per l’ultima volta nel lontano 2008. E non finirà qui.
Guardando al futuro, già a Jackson Hole Powell aveva spiegato che “il ripristino della stabilità dei prezzi richiederà probabilmente il mantenimento di una posizione politica restrittiva per qualche tempo. La documentazione storica mette fortemente in guardia contro l’allentamento prematuro della politica”. Insomma, bisognerà essere sicuri che la fiammata dei prezzi si sia davvero raffreddata prima di allentare la presa.
Mesi tosti per chi investe?
Questa fine 2022 si profila dunque piuttosto complessa ed è facile prevedere un po’ di panico tra gli investitori. Il ruolo del consulente finanziario, in questi casi, resta come sempre quello di aiutare i propri clienti a mantenere i nervi saldi e a non perdere di vista gli obiettivi di lungo periodo. Affiancandoli, nel frattempo, nella rimodulazione del portafoglio in linea con le mutate condizioni di mercato.