10 dicembre 2017

L’era della Yellen è finita, alla Fed arriva Jerome Powell

Pubblicato in: Economia & Mercati

Dopo alcuni mesi di incertezze e indiscrezioni, a inizio novembre è arrivato l’annuncio su chi sarà il prossimo presidente della Federal Reserve. Donald Trump ha optato per la soluzione della continuità, nominando Jerome Powell quale nuovo governatore dalla Banca centrale americana.
Powell, nato a Washington il 4 febbraio 1953 e appartenente al partito repubblicano, fa già parte del board della Fed, nominato da Barack Obama nel 2012, e presenta idee di politica monetaria molto simili a quelle di Janet Yellen. La sfida più grande che il nuovo capo della Fed si trova davanti resta come affrontare il dilemma di un’economia in buona ripresa, ma con un’inflazione che stenta a decollare e con poche frecce al proprio arco per affrontare un’eventuale crisi. La volontà di Powell sembra essere quella di proseguire sulla strada tracciata dal suo predecessore verso un graduale processo di normalizzazione monetaria che prevede l’incremento del tasso di sconto e la riduzione del bilancio della Fed.


L’evoluzione dei tassi d’interesse
Quanti rialzi dei tassi di interesse bisogna dunque attendersi per il 2018? Le previsioni indicano due o tre interventi sul costo del denaro il prossimo anno, tenendo sempre in considerazione l’assenza di pressioni inflattive proveniente dalla crescita dei salari.




Come dimostrato dall’ultimo rapporto sul mercato del lavoro americano, pubblicato lo scorso 8 dicembre, a fronte dell’incremento delle assunzioni, la crescita dei salari orari continua a non mostrare accelerazioni significative, restando intorno a una media del +2,2% su base annuale dalla metà del 2009. Il tasso di partecipazione, ossia il numero di persone che cercano lavoro, resta inoltre vicino al livello più basso dagli anni '70.


La riduzione del bilancio della Fed
Altro elemento di normalizzazione della politica monetaria sarà il proseguimento del processo di riduzione del bilancio da 4.500 miliardi di dollari della Federal Reserve, aumentato a dismisura con l’avvio dei programmi di acquisti di asset. Un percorso che anche in questo caso avverrà in modo graduale e che consiste nel reinvestire una porzione minore dell’ammontare dei titoli a scadenza. La Fed infatti ha cominciato a reinvestire solo l’eccedenza di titoli rispetto a una soglia fissata dal board in 10 miliardi di dollari mensili, che verrà alzata nel corso del tempo in base al miglioramento dello scenario macroeconomico. L’obiettivo è drenare parte dell’ingente ammontare di liquidità immessa sul mercato e ristabilire il ruolo centrale del mercato rispetto al ruolo della Fed. Nel momento in cui la Federal Reserve non reinveste più parte del nozionale a scadenza, vuol dire che il mercato non potrà più fare affidamento su un pezzo di domanda, e questo, a parità di offerta, dovrebbe far aumentare leggermente il costo del denaro. Tuttavia, il recente appiattimento della curva dei rendimenti sembra suggerire che il mercato è in grado di assorbire senza troppi scossoni gli effetti del quantitative tightening.



Regulation
Altro punto apprezzato da Wall Street è la posizione di Powell sul tema della regolamentazione bancaria. Nella sua apparizione davanti al Senate Banking Committee, ha dichiarato che il Dodd-Frank Act, il provvedimento introdotto dall’amministrazione Obama dopo la crisi del 2008, ha avuto successo nel rendere il sistema finanziario più forte, assicurando che nessun istituto sia ora “too big to fail”.
Tuttavia, secondo l’ex manager, in alcune aree, come ad esempio la normativa sulle banche più piccole, la legge impone fardelli che devono essere alleggeriti. Un approccio parziale gradito anche dai grandi istituti, che hanno già speso miliardi di dollari per ottemperare al Dodd-Frank Act e che quindi preferiscono cambiamenti moderati piuttosto che svolte improvvise nella regolamentazione. 


Una scelta di continuità
La nomina di Powell, schierato in favore delle attuali linee guida di Janet Yellen, sembra essere un messaggio di continuità apprezzato dal mercato, che mal digerisce incertezza e cambiamenti troppo repentini.  Resta quindi da verificare se l’economia americana nei prossimi anni sarà in grado di mantenere buoni ritmi di crescita senza il sostegno di tassi di interesse ai minimi storici e in tal senso un aiuto potrebbe arrivare dalla riforma fiscale voluta dall’amministrazione Trump. L’ingente taglio alle tasse promesso dal presidente Usa potrebbe contribuire a dare nuova linfa al rialzo di Wall Street e supportare la crescita economica, che però dovrà fare i conti con l’altra faccia della medaglia rappresentata dall’incremento del debito senza il paracadute dei programmi di Quantitative easing.


NOTA DI REDAZIONE : gli argomenti, le immagini e i grafici sono frutto di elaborazione interna.

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