27 novembre 2019

La consulenza agli investimenti e l’imperativo della sostenibilità

Pubblicato in: Financial Advise

“Dal risparmio agli investimenti: contesto e condizioni per un servizio di consulenza sostenibile alle famiglie e di sostegno all’economia”. Si intitola così la relazione di Paolo Molesini, presidente di Assoreti, che ha segnato la conclusione del convegno annuale dell’associazione, svoltosi l’8 ottobre a Milano. E appunto la sostenibilità è stata il filo conduttore dell’appuntamento 2019, che non poteva non essere anche l’occasione per un più ampio aggiornamento sui numeri e lo stato della consulenza finanziaria in Italia.

 

Un modello di business sostenibile
Sostenibilità: un concetto che, come ha spiegato Molesini, si identifica innanzitutto “in un processo che può essere mantenuto a un certo livello nel tempo”. Da questo punto di vista, ha aggiunto il presidente di Assoreti, “le imprese che prestano il servizio di consulenza hanno sviluppato un modello di business sostenibile, a diretto contatto con gli investitori, di cui colgono i bisogni attraverso investimenti adeguati, nella prospettiva di un’allocazione ottimale nel tempo dell’intero patrimonio”. Da sempre fulcro del modello di business è il rapporto di fiducia che il consulente instaura con il cliente. In virtù di questo, le imprese intercettano la liquidità in eccesso e la convogliano verso gli investimenti sani del Paese. Ma quali sono i numeri di questo modello, oggi, in Italia?

 

I numeri delle reti in Italia
Le società che rientrano nel perimetro Assoreti si avvalgono di circa 25.000 consulenti finanziari – agenti e dipendenti – abilitati all’offerta fuori sede, mediante i quali curano il risparmio di 4,4 milioni di clienti, per masse totali pari a 584 miliardi di euro. Numeri in crescita, se si pensa che dieci anni fa, nel 2009, i clienti erano 3,7 milioni e le masse ammontavano a 230 miliardi, meno della metà rispetto a oggi. Nell’ambito del risparmio gestito, le imprese di consulenza agli investimenti ricoprono un quarto del mercato totale e un terzo di quello degli OICR aperti: stiamo parlando di una quota del 24,6% nel primo caso, con una crescita di 8 punti percentuali rispetto al 2009, e del 32,3% nel secondo, con un incremento di 3,5 punti percentuali rispetto a dieci anni fa. Ed è una tendenza in costante crescita. “Il trend va mantenuto”, ha detto Molesini, “alla luce dei nuovi impatti e delle innovazioni anche tecnologiche che percorrono il settore”.

 

Come investe chi si affida alle reti?
Negli ultimi 10 anni, oltre tre quarti delle risorse finanziarie nette raccolte dalle imprese aderenti ad Assoreti sono stati investiti in prodotti finanziari e servizi di investimento del risparmio gestito. La parte di portafoglio degli investitori assistiti dai consulenti delle associate che rimane composta da liquidità oggi rappresenta solo il 15% delle attività complessive, contro il 33% della liquidità presente nella totalità delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Gli strumenti finanziari amministrati costituiscono il 14% del patrimonio totale, mentre la maggior parte del portafoglio dei clienti delle imprese Assoreti è posizionato sulla componente gestita, il cui peso si attesta al 71%. 


Il 60% della componente gestita, poi, è investito in prodotti a contenuto assicurativo/previdenziale e in quote di fondi comuni, contro il 36% dalla totalità delle famiglie italiane.

 

La sfida della sostenibilità
E arriviamo alla sostenibilità intesa come principio dello sviluppo sostenibile. Negli ultimi anni abbiamo avuto l’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile (settembre 2015), l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (dicembre 2015) e il piano d’azione per la finanza sostenibile della Commissione Europea (marzo 2018). Su quest’ultimo fronte, il legislatore ha adottato una serie di proposte normative destinate a incidere sulle direttive MiFID II, IDD, Solvency II, UCITS e AIFMD. A settembre, poi, il sistema bancario italiano ha aderito ai principi ONU per un’attività bancaria responsabile. Quanto alle imprese di consulenza agli investimenti, tra i loro impegni c’è quello di includere i fattori ESG “nello scenario di una consulenza in continua evoluzione, nella duplice direzione del miglioramento della qualità del servizio e dell’estensione del suo orizzonte oltre lo stretto ambito degli investimenti in strumenti finanziari”.

 

ESG ok, ma nell’interesse del cliente
Insomma, le imprese oggi più che mai giocano un ruolo di primo piano nel processo di conversione del risparmio in investimento, anche “sostenibile”. Sì, perché la consulenza si esprime in raccomandazioni personalizzate agli investitori retail e professionali e, così facendo, esercita un ruolo di indirizzo che, spalmato su tutti i clienti, può stimolare la crescita delle imprese che perseguono politiche socialmente ed economicamente sostenibili. In questo modo, l’impresa di consulenza agli investimenti può realizzare anche altre finalità di interesse pubblico generale. Senza mai dimenticare l’interesse del cliente: “la contemplazione dei fattori ESG nella definizione del target market del prodotto, la rilevazione delle preferenze ESG della clientela e l’inclusione di tali preferenze nel processo di valutazione dell’adeguatezza del prodotto e del portafoglio”, ha sottolineato infatti Molesini, “sono elementi che devono sempre contemperarsi con l’interesse del cliente”. Insomma, ok gli investimenti ESG, purché non implichino l’assunzione di rischi non coerenti con il profilo finanziario dei clienti o la riduzione non preventivata dei margini di rendimento.


NOTA DI REDAZIONE: gli argomenti, le immagini e i grafici sono frutto di elaborazione interna.
 
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