23 luglio 2020

I PIR cambiano ancora: ecco come possono spingere la ripresa

Pubblicato in: Financial Advise

Con il Decreto Rilancio i Piani individuali di risparmio hanno aggiunto un’altra freccia al proprio arco. Oltre al veicolo classico, riformato nell’ultima legge di bilancio a fine 2019, adesso infatti ci sono anche i cosiddetti PIR alternativi. Mentre i PIR classici erano pensati per una clientela retail, gli alternativi sono strumenti rivolti agli investitori più facoltosi. In comune, però, hanno l’incentivo fiscale sul capitale investito per chi mantiene il PIR in portafoglio per almeno 5 anni. L’incentivo consiste nell’esenzione totale dalle imposte sulle rendite finanziarie, quindi può andare da un minimo del 12,5% ad un massimo del 26% sulle plusvalenze realizzate a seguito del disinvestimento.

 

 

PIR alternativi: un prodotto per la clientela private

 

Per far scattare l’agevolazione fiscale, i PIR alternativi hanno un vincolo: devono investire il 70% del loro patrimonio in strumenti finanziari di imprese con stabile organizzazione in Italia, diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Italia Mid Cap, nonché in crediti delle medesime imprese e in prestiti a esse erogati. Il limite alla concentrazione degli investimenti in strumenti finanziari emessi dalla stessa impresa o da altra impresa appartenente al medesimo gruppo è previsto al 20% (contro il 10% dei PIR ordinari). Sarà inoltre possibile investire 150 mila euro ogni anno fino al raggiungimento del tetto di 1,5 milioni di euro (i PIR ordinari prevedevano un tetto massimo di 150 mila euro nel quinquennio). I PIR alternavi possono essere realizzati in varie forme: Eltif, fondi chiusi di private equity, fondi di private debt, oppure forme di finanziamento alternative al canale bancario.

 

 

I PIR, uno dei possibili ingredienti per battere la crisi

 

Tanto i PIR alternativi quanto quelli ordinari sono stati concepiti per convogliare risorse dal grande risparmio privato italiano all’economia reale. Le imprese italiane, infatti, da sempre sono sottocapitalizzate e a maggior ragione hanno bisogno di risorse in un periodo come questo, nel quale la pandemia rischia di creare una delle peggiori crisi economiche dal 1929 a oggi. E sebbene quando si parla di strumenti finanziari a volte si faccia fatica a vederne i risvolti pratici, con i PIR questi ci sono eccome. Come ricordato dall’amministratore delegato di Banca Mediolanum, Massimo Doris, durante la conferenza di Confindustria “Ripartire più Forti”, investire in economia reale permette di aumentare il valore delle PMI italiane, allontanando il rischio che un attore straniero arrivi in Italia per comprarle a prezzo di sconto. Va poi ricordato che, sebbene lo Stato abbia introdotto la sua garanzia sui prestiti, il canale bancario da solo non può sostenere la grande richiesta di liquidità delle aziende, che devono fare i conti con mesi in cui il fatturato ha subito un duro colpo a seguito del lockdown. I PIR alternativi in questo senso possono essere un valido strumento di supporto, insieme ai finanziamenti delle banche. Un’impresa che ha liquidità, infatti, può pagare puntualmente i fornitori e creare un circolo virtuoso utile a trascinare l’economia fuori dal pantano.

 

I PIR alternativi possono investire anche in asset illiquidi

 

Con l’ultimo Decreto Rilancio, inoltre, è stato di fatto rimosso il limite dei PIR ordinari, i quali non potevano investire in aziende non quotate. La nuova versione invece permette di poter investire anche in strumenti illiquidi, dando ai PIR - nelle varie versioni - la possibilità di raggiungere gran parte dell’economia italiana. Un veicolo nuovo, dunque, che apre le porte del mondo PIR anche alla clientela del private banking, più incline a investimenti di lungo periodo rispetto a quella retail e con maggiori disponibilità da destinare ad asset poco liquidi. Di certo, questo non basterà a risolvere la sottocapitalizzazione delle PMI nostrane, ma sicuramente potrà essere un’arma in più poiché, secondo le stime di Equita Sim, i soli PIR alternativi potranno raccogliere fino a 3 miliardi di euro all’anno per arrivare a 15 miliardi nell’arco di un quinquennio. A questi numeri si affiancano le stime di raccolta dei PIR ordinari, previste sempre da Equita per 1 miliardo nel 2020 e a 2,3 a partire dal 2021.


NOTA DI REDAZIONE: gli argomenti e i grafici sono frutto di elaborazione interna.
 
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